Mercoledì mattina, un uomo ha aperto il fuoco con un fucile semiautomatico in un campo di baseball ad Alexandria in Virginia, una decina di chilometri da Washington. L’uomo ha sparato diverse decine di colpi ferendo quattro persone: il deputato Repubblicano Steve Scalise e alcuni appartenenti allo staff e alla scorta. La reazione della scorta del deputato ha evitato il peggio e l’attentatore, anch’egli ferito, è stato arrestato ed è poi morto nel pomeriggio. La sparatoria è avvenuta durante gli allenamenti di alcuni membri Repubblicani del Congresso in vista della partita di beneficienza prevista per il giorno dopo tra le squadre dei Repubblicani e dei Democratici, che hanno interrotto il loro allenamento per pregare per i feriti.



Queste circostanze danno un particolare rilievo a quanto accaduto ad Alexandria, anche in un Paese che è spesso alla ribalta per fatti di sangue. Il Congresso ha sospeso i lavori e anche Donald Trump ha disdetto un evento programmato per il pomeriggio. Inoltre, è stata rinviata la conferenza stampa indetta da alcuni senatori Democratici sull’apertura di una causa legale contro Trump (ve ne sono già altre tre pendenti) per sue operazioni con governi stranieri che violerebbero le norme sugli emolumenti provenienti dall’estero.



Gli investigatori non si sono ancora pronunciati sul movente dell’attacco, che sembra tuttavia di natura politica se, a quanto pare, l’attentatore ha chiesto a quale partito appartenessero i politici sul campo da gioco. Il che porterebbe a escludere che l’attacco fosse predeterminato contro Scalise, terzo in importanza tra i Repubblicani della Camera dei Rappresentanti. Né sembrerebbe connesso con il fatto che proprio il giorno prima si fossero concluse le primarie nei due partiti per la candidatura di governatore della Virginia nelle prossime elezioni. Tuttavia, alcune informazioni sull’attentatore, un bianco di 66 anni dell’Illinois, lo indicherebbero come un sostenitore di Bernie Sanders. Da parte sua, Sanders ha emesso un comunicato in cui condanna l’avvenuto e sottolinea che i veri cambiamenti avvengono solo attraverso azioni non violente, offrendo auguri e preghiere ai feriti.



Questa ennesima sparatoria – due giorni prima a Baltimora erano state uccise sei persone – ha riacceso il dibattito sulla regolamentazione di vendita e possesso delle armi. Come ricorda un articolo del Los Angeles Times, dal 2011 sono state presentate un centinaio di proposte più restrittive, bocciate per l’opposizione dei Repubblicani, accusati di collusione con la potente lobby dei produttori di armi. In quell’anno vi fu una sparatoria a Tucson in Arizona dove vennero uccise sei persone e dodici furono ferite, tra cui Gabrielle Giffords, deputata Democratica e obiettivo dell’attentato. La Giffords, rimasta invalida, si dimise dalla Camera e ora è molto attiva nella battaglia per un maggior controllo delle armi e ha invitato tutti, senza distinzione di partito politico, a una maggiore responsabilità in proposito.

Il coinvolgimento in questa ultima sparatoria di un importante esponente dei Repubblicani porta qualcuno a sperare in un cambiamento di atteggiamento da parte del suo partito. Qualcun altro però segnala che proprio in Illinois vige una delle leggi più rigorose in materia, fatto che non impedisce che Chicago sia una delle città più violente degli Stati Uniti. Infine, c’è chi fa presente che le leggi si possono senz’altro migliorare, ma non basta e, forse, ciò che più serve è che gli americani riflettano profondamente sulla cultura e sull’anima della loro società. Un compito questo non per i soli americani.