Il 1 giugno del 1967, per volontà dell’allora ministro degli Esteri Amintore Fanfani, sotto la Presidenza di Giuseppe Saragat, venne inaugurato a Roma, in una prestigiosa sede dell’Eur, l’Iila, l’Istituto Italo Latino Americano. I fatti alla lunga hanno dimostrato che l’intuizione del politico aretino, che agì in piena conformità ai suoi ideali di un’Italia aperta non solo verso il Mediterraneo, ma anche con una relazione privilegiata nei riguardi dell’America latina, era azzeccatissima e mantiene al giorno d’oggi un’attualità e un valore veramente inestimabili.



La storia dell’Iila, di cui si celebra il cinquantenario, è quella di una Istituzione che ha sofferto (e soffre) gli alti e bassi della visione europea nei confronti di questo Sud del mondo con il quale abbiamo per primi aperto una porta attraverso la quale gli abbiamo dato la possibilità di farsi sentire. Anche in momenti nei quali, basti citare Cuba, i Paesi membri erano esclusi politicamente da organismi internazionali.



I lettori del Sussidiario sanno che da anni tento, nel mio piccolo, di gettare una luce su di un Continente che, specie negli anni Ottanta, risultò essere “desaparecido” dal mondo: non per niente in quella decade il giornalista Rai Gianni Minà scrisse un libro proprio su quest’argomento. Si intitolava, appunto, “Un continente desaparecido” e rifletteva una verità che, con il trascorrere degli anni, si è modificata fino ad arrivare a un boom che è coinciso in gran parte con l’affermazione del Brasile come potenza mondiale, negli anni Novanta.

Il rapporto che l’Italia poteva vantare come privilegiato, proprio attraverso un’istituzione diplomatico-culturale come l’Iila (a cui partecipano tutte le nazioni latinoamericane) si è man mano ristretto, come la sede di quest’importantissima realtà, fino ad arrivare ai locali di via Paisiello che, seppure prestigiosi, non offrono spazi sufficienti all’organizzazione di eventi, senza dimenticare che l’importantissima biblioteca, uno dei vanti dell’Istituto, ha potuto sopravvivere parzialmente nei locali dell’Università Roma 3. 



L’Iilia rappresenta attualmente una fotografia esatta di un Paese, l’Italia, dalle felici passate intuizioni e che tuttavia ha a disposizione persone in grado di portarle avanti, a proprio vantaggio, ma purtroppo, come sottolineato da vari relatori presenti alla manifestazione commemorativa a Montecitorio il 15 giugno (citando una frase di un ex Ambasciatore italiano in Venezuela) “non si possono fare le nozze con i fichi secchi”. Recentemente la riunione del Wef (World economic forum) si è tenuta a Buenos Aires, e non è un caso di che vari Paesi europei stiano facendo una vera e propria gara di missioni economiche dedicate in America Latina, come se improvvisamente si fossero svegliati da un lungo sonno nel quale l’Italia, con la luce dell’Iila sempre accesa, anche se a corrente alternata, non è mai del tutto caduta.

La crisi mondiale si è riflessa pure in America Latina dove però, pur se il boom brasiliano si è frenato e il Venezuela è immerso in un’emergenza umanitaria negata al convegno nel corso di un intervento “stile Maduro” dal proprio Ambasciatore, Paesi come l’Argentina stanno lentamente emergendo dopo parentesi politiche non proprio felici e altri, come il Paraguay, l’Uruguay, il Cile, l’Ecuador, la Colombia e la Bolivia sono ormai delle realtà da non sottovalutare. Illuminante è stato l’intervento dell’ex Ambasciatrice italiana in Paraguay, Antonella Cavallari, che ha illustrato non solo la storia delle relazioni dell’Italia con il Sudamerica, ma offerto un quadro molto esauriente sulle enormi possibilità che si aprono per il nostro Paese.

Lo scorso aprile, durante il Wef, si è posto l’accento sulla terza rivoluzione industriale, che purtroppo per le sue conseguenze rischia di oscurare le precedenti: tra i rimedi suggeriti per contrastarla anche quello dello sviluppo dell’economia culturale sulla quale l’America Latina ha molto da dire, soprattutto per situazioni in cui vanta un’esperienza, come i flussi migratori di massa (che si stanno replicando proprio in un’Europa sempre meno inclusiva) o per i populismi che a livello politico si stanno riproponendo nel Vecchio continente.

Dal punto di vista economico l’accordo in dirittura finale tra l’Ue e il Mercosur apre delle possibilità che l’Italia aveva largamente anticipato negli anni proprio attraverso l’azione dell’Iila, mai del tutto assecondata come avrebbe meritato da un Sistema Paese che pare proprio non esserci stato. Almeno finora, visto che le recenti visite del Presidente Mattarella in Messico, Argentina, Brasile e Uruguay e gli accordi firmati hanno aperto uno spiraglio in quel ponte con un Continente a noi così legato (non solo per l’emigrazione) nel quale l’azione dell’Iila, unita a quella di nostri ambasciatori, ha permesso, pur con mezzi ridotti (i famosi “fichi secchi”), ma grazie ad autentici “miracoli” individuali, di non arrivare impreparati all’appuntamento.

C’è da augurarsi che questa istituzione possa avere al più presto una sede consona alla sua importanza e a una situazione vitale per il futuro di un’Italia che ha le figure, le istituzioni e le possibilità per emergere: speriamo si tirino fuori anche la volontà e i mezzi per realizzarla. Auguri Iila!