TERZA GUERRA MONDIALE. Di questi tempi, la geopolitica sembra sempre più simile a un puzzle già difficile da risolvere al quale sono stati, per di più, aggiunti pezzi di un altro puzzle, di cui però non si conosce il disegno. Provo ad elencare alcuni “riquadri” di questo complicato e pericoloso miscuglio.
Stati Uniti, Russia e Cina. E’ forse la tessera più fuori posto nel puzzle e indice di una certa schizofrenia della politica americana. Gli otto anni del mandato di Obama hanno segnato un progressivo irrigidimento nei confronti di Mosca, apparentemente condiviso dall’Ue, e il risultato di questa politica ostile ha consentito a Putin di sfruttare a suo vantaggio il ben noto nazionalismo russo. Inoltre, ha portato a un avvicinamento di Mosca a Pechino, non cercato da Putin peraltro, rafforzando così il vero sfidante all’egemonia statunitense, la Cina.
L’avvento di Trump sembrava indicare un cambio di posizione da parte di Washington, ma ora Trump si trova al centro di gravissime accuse proprio per i suoi rapporti con la Russia, dai suoi oppositori considerati vere e proprie collusioni. Ne è derivato perciò un ulteriore irrigidimento di fatto, come la recente crisi con la Russia provocata dall’abbattimento di un caccia del governo siriano. Anche sul “fronte” europeo le cose non migliorano, con il recente incidente aereo sulle acque internazionali del Baltico. Qui, un jet della Nato si è avvicinato all’aereo che trasportava il ministro della Difesa russo ed è stato allontanato da un jet russo che ha minacciato di aprire il fuoco. Questo incidente si può considerare una “normale” conseguenza del costante incremento di forze militari Nato nei Paesi baltici e lungo i confini con la Russia, ma questa “normalità” — si contano già parecchi casi simili con accuse reciproche — desta evidentemente molte preoccupazioni.
Da questa situazione sembra trarre un indubbio vantaggio la Cina, che ha ormai consolidato la sua posizione nel conteso Mare Cinese Meridionale e che rimane indispensabile per risolvere la crisi nordcoreana, come riconosciuto dallo stesso Trump. Negli scorsi giorni Pechino ha poi raggiunto un buon risultato sul fronte finanziario con l’inserimento di azioni cinesi nell’indice dell’Msci sui mercati emergenti. Sul piano diplomatico la Cina è riuscita a convincere Panama a rompere le relazioni diplomatiche con Taiwan, riconoscendo l’esistenza di un’unica Cina, quella guidata da Pechino. La Cina è il più grande utilizzatore del Canale di Panama dopo gli Stati Uniti.
A questo punto ci si può chiedere se si tratta di una strategia troppo sottile da capire per noi comuni mortali, o di una vera e propria eterogenesi dei fini.
Stati Uniti, Russia ed Europa. L’adesione dell’Unione Europea alle sanzioni contro la Russia per la questione ucraina è segnata da una forte dose di ipocrisia, dato che la Germania non ha bloccato la sua società con la Gazprom e ha continuato la costruzione del secondo gasdotto per l’importazione di gas russo. Mettendosi così, tra l’altro, in diretta concorrenza non solo con l’Europa del Sud (con la cancellazione del South Stream), ma con la stessa Ucraina, cui verranno sottratti i proventi del gas russo che finora transitava nel suo territorio. La vicenda è scivolata in qualcosa di molto vicino alla farsa quando, a metà giugno, il Senato americano ha approvato nuove sanzioni, includendo anche il settore energetico. Il provvedimento, ancora soggetto a iter parlamentare, ha immediatamente scatenato le reazioni della Germania. Un portavoce del governo ha definito “strano” che sanzioni contro la Russia finiscano per danneggiare imprese europee e il ministro dell’Economia ha parlato di “contromisure” tedesche. Ciò che in realtà è strano e che si considerino materie strategiche da bloccare gli ortofrutticoli italiani, per esempio, mentre si dà via libera a una materia realmente strategica come il gas. E ciò sta portando una parte dei Paesi europei in esplicito contrasto con Berlino.
Ai motivi di rottura di quella che, almeno apparentemente, sembrava una Santa Alleanza tra Usa e Europa si aggiungono la richiesta di Trump di aumentare la partecipazione finanziaria alla Nato, l’uscita degli Usa dall’accordo di Parigi sul clima e l’invito a ridurre il surplus commerciale tedesco verso gli Stati Uniti. Richiesta quest’ultima che sarebbe molto più legittima da parte degli altri membri dell’Ue, che possono invocare la flagrante violazione tedesca dei trattati europei.
Un ultimo cuneo nella frattura viene da una fonte imprevista: la Regina Elisabetta II che, nel suo discorso di inaugurazione della nuova sessione parlamentare, il Queen’s Speech, non ha citato la prevista visita di Trump nel Regno Unito. Il che fa pensare a un suo rinvio sine die, segno della freddezza dei rapporti ed ennesimo smacco per Theresa May, autrice dell’invito a Trump. Dalle parole di Elisabetta traspare inoltre la volontà di riportare il Paese al centro della scena mondiale, in buoni rapporti con tutti gli alleati, ma con un ruolo indipendente. Senza nascondere il fatto che il Regno Unito ha a sua volta bisogno di essere riunificato, impresa non scontata.
Insomma, sembra un gioco di parole: un Regno Unito non più tanto unito vuol separarsi da un’Unione Europea decisamente disunita al suo interno, prendendo le distanze da Stati Uniti che appaiono piuttosto dei separati in casa, con sullo sfondo una Russia che inizia a mettere in discussione la guida unitaria di Putin.
Il Medio Oriente. Un intricato puzzle dentro il puzzle, e quindi solo un’annotazione: anche qui la Cina si sta avvantaggiando. Finora veniva considerata a fianco dell’Iran, ma in posizione più defilata rispetto alla Russia, ma ora è uscita decisamente allo scoperto con le esercitazioni condotte con Teheran nel Golfo Persico. Il che porta gli Stati Uniti a possibili “incidenti” non solo con la Russia, ma anche con la Cina, in aggiunta a quelli nel Mar Cinese.
Come detto, i pezzi dei vari puzzle si confondono e il disegno diventa sempre meno leggibile. Almeno da Ovest.