Quella che era una guerra di liberazione dall’Isis, adesso che l’esercito del califfato sta perdendo su tutti i fronti, è sempre più una guerra, fortunatamente a colpi di propaganda e dichiarazioni tutte da verificare, tra Stati Uniti e Russia, con l’intento di occupare quanta più Siria possibile una volta sconfitto l’Isis. Per Camille Eid, intervistato da ilsussidiario.net, ci sono troppe cose che non tornano: “Non c’è nessuna prova reale al momento che la moschea di Mosul sia stata davvero distrutta, e se anche fosse l’Isis non lo avrebbe mai fatto. Nessuna prova concreta che al-Baghdadi sia stato ucciso dal raid aereo russo, quando invece ci sono prove fotografiche che in quel giorno ci fu un bombardamento da parte delle forze americane”. Si sta giocando sporco, in sostanza, e tutto sulla pelle di una popolazione già martoriata da anni di stragi.
Professore, Isis e Stati Uniti si accusano a vicenda di aver distrutto la Moschea di al-Nouri a Mosul, uno dei più importanti luoghi di culto dell’islam, ma soprattutto il luogo dove venne proclamato lo stato islamico tre anni fa. Che idea si è fatto? Che importanza ha questa cosa?
In realtà al momento personalmente ho ancora grossi dubbi che la moschea sia stata effettivamente distrutta. Dalle foto diffuse non si capisce se è così o no, poi quando uno butta la colpa sull’altro, c’è sempre da dubitare.
In effetti sembra piuttosto strano che i miliziani dell’Isis distruggano il cuore religioso del loro stato in un momento in cui a Mosul in quell’area si sta ancora combattendo ed è ancora nelle loro mani.
Non solo. Ho prove documentate che in quell’area, la Città Vecchia, sono ancora in piedi alcune delle più antiche chiese cristiane della Siria, edifici che risalgono addirittura al IX secolo. Se l’Isis non ha distrutto le chiese, qualcuno dovrebbe spiegarmi perché avrebbe distrutto la propria moschea.
Che è per loro il simbolo di tutto, il luogo dove al-Baghdadi si è autoproclamato califfo dello stato islamico.
Anche questo lo scrivono tutti, ma non è esatto. Lo stato islamico fu proclamato alcuni giorni prima del 29 giugno, poi al-Baghdadi, nel primo venerdì successivo, tenne il sermone famoso, l’unica volta in cui fu visto e filmato. Ma lo stato islamico era già stato proclamato dal portavoce ufficiale con un audio diffuso su internet. Infine la parte di Mosul ancora occupata dall’Isis si estende per una vasta parte della città, un paio di chilometri in tutte le direzioni, tanto è vero che ci sarebbero ancora almeno 100mila civili intrappolati. Non ci starebbero tante persone nel perimetro intorno alla moschea, come dicono gli americani, che sostengono di aver accerchiato l’Isis in quella zona. Ci starebbe invece un ennesimo bombardamento che ha centrato l’edificio.
Della morte di al-Baghdadi poi non si è saputo più niente?
Il viceministro russo della difesa ha detto in queste ore che stanno ancora valutando le informazioni su quel raid, aggiungendo che molto probabilmente è morto. Ma personalmente ho già espresso dei dubbi anche su questo.
Quali?
Prima cosa: il luogo dove è avvenuto il raid. I russi dicono a sud di Raqqa, ma hanno diffuso una foto che mostra il centro di Raqqa. Secondo: la data e l’ora indicata del raid russo coincidono con lo stesso giorno e ora di raid occidentali denunciati il 27 maggio da un sito siriano che dice che c’è stato un bombardamento con almeno 300 civili uccisi e una trentina di capi dell’Isis tra cui al-Baghdadi. Ovviamente è un falso, perché l’uccisione di 300 civili avrebbe suscitato un clamore mediatico enorme. Ci sarebbe invece stato un raid occidentale durato due giorni in cui sono rimaste uccise 60 persone, non si sa se capi dell’Isis, sepolte in fretta nei giardini pubblici. Come vede, ci sono molti lati oscuri.
Sembra di capire che i russi si siano appropriati del raid americano per spacciare a loro favore la morte di al-Baghadadi: siamo in piena guerra di propaganda e di comunicazione tra Mosca e Washington?
Esattamente. Ormai l’Isis dal punto di vista territoriale è praticamente sconfitto, la battaglia per Raqqa non dovrebbe durare molto e tutte le forze coinvolte si stanno impegnando a occupare quanto più territorio possibile dopo la cacciata dell’Isis. Agli americani e alla Giordania ad esempio interessa la zona a sud di Raqqa, dove ci sono pozzi petroliferi e dove possono controllare il confine con l’Iraq. Ma poi ci sono anche i curdi, l’esercito indipendente siriano, il governo di Assad. E’ un mix complicatissimo, se Washington e Mosca non trovano un accordo non sappiamo quali conseguenze ci potranno essere.