Donald Trump sta già “scaldando” i missili per un nuovo attacco in Siria, ovviamente contro le truppe di Assad, come successo lo scorso aprile dopo la notizia, rimasta come sempre senza alcuna verifica reale, di un attacco chimico da parte dell’esercito governativo. Secondo la Casa Bianca infatti Assad starebbe preparando un “nuovo attacco con i gas” contro i ribelli: “Se lo faranno pagheranno un prezzo pesante” è stato l’ammonimento di Washington. Chi segue la situazione siriana, quantomeno sulle nostre pagine, dovrebbe aver capito che agli Usa interessa, adesso che l’Isis è stato quasi del tutto sconfitto, assicurarsi zone di influenza nel paese e questo potrà succedere solo con l’eliminazione di Assad, sostenuto invece dai russi. Ilsussidiario.net ne ha parlato con l’ex patriarca dei greco-melkiti, che recentemente ha dato le dimissioni dal suo ruolo all’età di 85 anni, Gregorio III Laham, da sempre fiero difensore del suo popolo senza distinzioni di religioni, ringraziato personalmente dal papa “per gli anni di servizio generoso alla sua Chiesa e per aver attirato l’attenzione della comunità internazionale sul dramma vissuto dalla Siria”: “Il popolo siriano non accetterà mai la spartizione del paese in zone di influenza straniere, non lo accetteranno i cristiani e i musulmani. Il problema di fondo non è Assad, ma l’ingerenza delle potenze straniere in Siria che da sempre mirano a spartirsi la nostra nazione”.
L’America ha lanciato una forte minaccia nei fronti di Assad, convinta che stia preparando un attacco con i gas chimici. Trump non dovrebbe pensare alla lotta contro l’Isis piuttosto che fare la guerra al presidente siriano? Cosa c’è dietro questo atteggiamento secondo lei?
E’ una storia che si ripete. Non è mai stato provato l’uso di armi chimiche da parte delle forze governative, adesso si arriva al punto di minacciare un attacco preventivo. Eppure le documentazioni sull’uso dei gas da parte dei ribelli non mancano.
Perché allora Trump si pone in questa posizione di sfida?
Anche questa non è una novità, è un atteggiamento tipico degli Stati Uniti pensare di stabilire regole e governi in tutti i paesi del mondo. L’America in pratica in tutti questi anni non ha fatto altro che sostenere l’Isis e gli altri gruppi terroristici, anche se a parole dice di impegnarsi contro di loro. Alla fine, hanno fatto più danni che aiutato il nostro paese. Dietro al loro atteggiamento ci sono interessi economici e politici.
In Siria al momento ci sono diverse nazioni straniere impegnate, non solo gli Stati Uniti. Pensa che la Russia non abbia anche lei degli interessi?
Ma infatti tutti i problemi nascono dal fatto che russi e americani non trovano tra di loro un accordo di pace. Continuando a combattere non si arriverà ad alcun tipo di vittoria. Solo attraverso un consenso internazionale si arriverà a un futuro di pace per la nazione siriana.
Da come si stanno mettendo le cose, visti anche i recenti incidenti, sembra che Mosca e Washington stiano pensando già al dopo-Isis e a una spartizione del paese, la vede così anche lei?
Si è sempre puntato a dividere la Siria, ma non credo ci riusciranno mai.
La gente sostiene ancora Assad? Si potrà trovare un accordo fra lui e i pochi gruppi di opposizione autenticamente democratici?
Il problema non è Assad, questa è una lettura limitata dei fatti. Il popolo siriano non permetterà mai una divisione del paese. Una volta liberata davvero la Siria dai terroristi, bisogna che il paese resti unito. E il popolo lo è ancora, nonostante tutti questi anni di guerra. Una divisione della Siria poi porterebbe a un processo di eliminazione delle comunità cristiane. L’occidente non capisce la nostra realtà: la nostra esistenza fa saltare i pregiudizi ideologici per cui gli arabi non possono che essere musulmani, e i cristiani non possono che essere occidentali.
Lei ha recentemente dato le dimissioni dopo 17 anni di guida della Chiesa greco-melkita, molti dei quali vissuti in stato di guerra, qual è il suo messaggio?
Il mio tempo futuro, come sempre e come dovrebbe essere per tutti, sarà tempo per amare e cercare la pace. Come ha detto papa Francesco, Siria e Palestina sono le due chiavi da cui passa la pace di tutto il mondo.