E’ la guerra del senso quella che sta perdendo l’Occidente. Convinto che la razionalità abbia il suo banco di prova nella soddisfazione dei bisogni materiali degli individui, non riesce a capire la mentalità di chi si fa esplodere tra la folla gridando il nome di Dio, o uccidere, nella speranza di vedere la propria vita amorfa, redenta e trasfigurata.
Voglioso di sconfiggere il terrorismo, l’Occidente si dimentica dei terroristi. Delle loro motivazioni. La vera chiave per poterne finalmente avere ragione.
Qual è infatti il senso di queste vite perdute? Cosa dà insomma senso alla giornata di questi “non-morti” che si trascinano sgranando un doloroso rosario di attentati, omicidi e violenze?
Per i terroristi rossi degli anni settanta l’orizzonte di senso era la rivoluzione antiborghese. Un’illusione ideologica sfumata nelle parabole esistenziali dei tanti arrabbiati di quel tempo, vinti dall’offensiva della società consumistica prima ancora che dall’apparato repressivo dello stato.
Ma la proposta di questo modello è in grave affanno nei confronti di una generazione senza identità, a cavallo tra islam prefabbricato, mancanza di spiritualità e sviluppo delle proprie relazioni quasi esclusivamente sulla rete. Anzi, per alcuni di loro è stata proprio la prospettiva di un mondo vacuo e privo di significato la molla per avvicinarsi alle sette salafite.
Tra i pochi della stagione degli orrori marxista che non si sono persi, vale la pena ricordare le parole di Aldo Brandirali, fondatore di “Servire il popolo” ed oggi attento promotore tra i giovani di autentica passione politica: “Noi subivamo certamente l’attrattiva fortissima delle grandi ideologie e delle grandi e nuove tematiche mondiali. Sperimentavamo perciò una continua propensione a vivere all’interno di un noi, ma con un difetto fondamentale: non avevamo la capacità di dire io, non pensavamo alle nostre esigenze in quanto singole persone. In atto c’era una fortissima e inconsapevole massificazione. I giovani di oggi invece affermano prima di tutto il proprio ‘io’, e questo è un gran vantaggio sotto un certo punto di vista, ma non sanno cosa significhi giudicare le proprie esperienze. Quindi è come se conducessero una sorta di lotta con il niente. Quello attuale è, a tutti gli effetti, un ribaltamento esatto della nostra situazione di allora. Noi avevamo un ‘troppo pieno’ che ci soffocava, i ragazzi di oggi hanno invece un ‘troppo vuoto’ che non li fa crescere”.
“Troppo vuoto” nella testa e nel cuore di troppi ragazzi che cooptati da occhiuti reclutatori e gestiti da imam ignoranti e in malafede, dimenticano persino le parole del Profeta: “il più eccellente jihad (il percorso sulla via di Allah) è quello per conquistare se stessi”.