Il termine schiavitù rievoca tempi passati fortunatamente ormai lontani, superati dalle società più moderne. O forse no: le notizie che arrivano dalla Russia sono particolarmente inquietanti, visto che il fenomeno sembra essere ripreso con forza, coinvolgendo ragazzi che arrivano nelle campagne e nelle zone più rurali e periferiche del paese, per essere impiegati come forza lavoro a prezzo irrisorio o nullo, molto spesso contro la loro volontà. Il pagamento in realtà viene corrisposto alle famiglie che vendono letteralmente questi ragazzi, trasportati nel Daghestan, zona dove degrado, scarsa istruzione e scarsissime prospettive sociali imperversano, fino alle fabbriche di mattoni o alle fattorie dove vengono fatti lavorare in maniera sfiancante, senza essere pagati e privati di ogni diritto civile, dei documenti e di fatto anche del loro nome, come ai tempi degli schiavi in America prima della Guerra di Secessione.
Il giornale inglese Guardian ha pubblicato un ampio reportage sul fenomeno, parlando anche di come alcune associazioni non governative russe stiano cercando di intervenire su questo fenomeno potenzialmente ancora sconosciuto, ma che rischia di incidere pesantemente sullo sviluppo delle giovani generazioni maggiormente svantaggiate, che nascono poveri e svantaggiati nelle grandi città come Mosca e San Pietroburgo e che spesso si ritrovano in famiglie numerose, senza prospettive e istruzioni, che li vendono ipotecando il loro futuro. Una volta arrivati nelle fabbriche di mattoni del Daghestan o nelle grandi fattorie agricole vengono sottoposti a turni massacranti senza ricevere alcun compenso, trattati come veri e propri schiavi con pochissimo riposo e senza la possibilità di avere contatti con parenti e amici lasciati nelle città di appartenenza. Una vera e propria deportazione, una forma di schiavitù moderna che l’ONG “Alternativa”, come raccontato al Guardian, cerca di liberare affrontando anche molti pericoli e la violenza degli aguzzini.