“Non solo in Venezuela si è perso il senso della realtà, ma anche quello del ridicolo e aggiungerei che il Governo ha perso pure il senso della responsabilità”, ha dichiarato l’ex Ambasciatore venezuelano all’Onu Milos Alcalay. E in questa frase c’è il succo di una situazione, che si protrae ormai avanti da anni, nella quale il Presidente Maduro inizialmente gioca a rimpiattino con una diplomazia internazionale che dimostra la propria assoluta inutilità, perché mancante di elementi utili a risolvere, attraverso un decisionismo marcato, la situazione. Poi, mentre il Paese sprofonda sempre di più, pur continuando i soliti discorsi colmi di colpi di Stato operati dalla CIia (altro refrain che va avanti da anni) si è passati a fatti che di democratico hanno pochissimo e costituiscono una pericolosa anticamera verso la guerra civile.
Difatti il 30 luglio Maduro ha convocato elezioni per la Costituente che dovrebbe destituire legalmente l’Assemblea nazionale e riscrivere la Costituzione: fatto che l’articolo 350 dell’attuale ritiene un reato e chiaramente ne condanna i responsabili. E qui si arriva a un tragico punto ridicolo: per il 16 luglio la stessa Assemblea nazionale (in parole povere il Parlamento democraticamente eletto e in maggioranza schiacciante contro il partito al potere) ha convocato un referendum autogestito per mettere fuori Maduro, nel pieno rispetto della Costituzione Bolivariana Chavista che incredibilmente Maduro vuol cancellare e l’opposizione difendere.
Ma un altro dei paradossi, che si potrebbero definire “marxisti”, riferendosi però al geniale comico Groucho Marx, risiede anche nel fatto, abbondantemente denunciato dalla stampa latinoamericana e rilanciato a fine maggio dal Wall Street Journal, di un’operazione finanziaria che più yankee non si può: la banca di investimenti più grande del mondo, Goldman Sachs, ha raggiunto un accordo con il Governo di Maduro (sì, avete capito bene) per comprare bond dell’impresa petrolifera di stato venezuelana Pdvsa, con scadenza a 5 anni, per un ammontare di 865 milioni di dollari, ottenendo uno sconto del 69% sull’intera operazione. Siamo alle comiche, per questo il riferimento al grande Groucho non è casuale. Scaduti i 5 anni lo Stato venezuelano dovrà restituire i soldi, ma la cifra intera, ossia 2.800 milioni di dollari.
Come si vede i controsensi abbondano e ciò dimostra che ormai siamo arrivati alla resa dei conti: sebbene l’attuale Governo lo neghi, il Venezuela è in piena emergenza non solo umanitaria ma anche politica e sociale. Da qui il giro di vite sul valzer di ritardi nell’indire quelle elezioni che per Maduro e il suo Governo significherebbero la fine del loro “potere eterno”, uno dei pilastri di certi populismi latinoamericani.
Il sorvolo cinematografico dell’elicottero con supposti “golpisti” su Caracas della settimana scorsa, fatto stranissimo se si pensa che la stessa cosa operata da un drone giorni prima era finita col suo abbattimento, la tentata occupazione dell’Assemblea Nazionale immediatamente seguita a opera della Guardia Civil (con relative casse piene di armi che dovevano essere introdotte nell’edificio a testimonianza del “golpe”), le scorribande delle milizie governative (i tristemente famosi e impuniti “colectivos”) e soprattutto un altro assalto avvenuto l’altro giorno all’Assemblea nazionale, stavolta da parte di militanti chavisti (e anche qui non si capisce bene il motivo dell’azione, visto che proprio i deputati di questa istituzione, malmenati e insultati, difendono la Costituzione attuale voluta dal “comandante Chavez”) stanno facendo sprofondare il Paese nel baratro di un’ormai inevitabile guerra civile.