I rapporti tra Usa e Francia non sono mai stati facili. La Rivoluzione francese segnò un solco. I rivoluzionari anti-inglesi, infatti, trovarono nei francesi un alleato fedele e che segnò la storia del pensiero mondiale con la triade formata da Edmund Burke, i padri fondatori in tutte le loro differenze e le scelte europee tra confederalisti e federalisti. Ma il rapporto tra i due paesi non è stato facile.



Se negli anni Venti e Trenta del Novecento Usa e Francia furono i costruttori di una pan-Europa fortemente ancorata alla forza militare Usa e alla grande finanza nordamericana, come ? mostrano i casi di Aristide Briand e Jean Monnet, dopo la Seconda guerra mondale De Gaulle cambiò non solo la Francia, ma tutti i rapporti internazionali con l’indebolimento della Nato e la nascita, anche nella sinistra riformista francese, di uno spirito di revanche autonomista e di concorrenza economica insieme, come il capolavoro di Jean-Jacques Servan-Schreiber ben dimostrò sin dal suo titolo: “La sfida americana”.



Anche in quel contesto il problema era quello tedesco. L’Eliseo e la grande industria francese, anche ininterrottamente dopo De Gaulle, interpretavano il confronto con gli Usa da nazione egemone dell’Europa che s’integrava sotto l’egemonia franco-britannica. Francia e Usa si guardavano come superpotenze con grandi differenze di volume e di influenza naturalmente, ma il fatto era che quel confronto assicurava alla Francia l’egemonia in Europa grazie ai buon rapporti con la Russia.

Il crollo dell’Urss e la conseguente unificazione tedesca furono una tragedia per i francesi: persero l’egemonia europea e le buone relazioni con la Russia – umiliata scelleratamente dagli Usa – non bastavano. Ora il neogollista Macron, nato dallo stesso grembo che generò i Jean Monnet? e gli Aristide Briand, tenta le sue carte neonazionaliste intensificando le relazioni con gli Usa per aumentare il suo potere di negoziazione e di potenza con una Germania sempre più anti-Usa in economia.



Una sorta di ironia della storia: tocca ora alla Germania il carico di reggere l’equilibrio di potenza europeo e di ampliarlo sino a un’Africa che è sbagliato guardare solo con la prospettiva delle migrazioni. L’Africa sarà nel lunghissimo periodo ciò che nel breve, brevissimo periodo sarà la ricostruzione della Libia e della Mesopotamia. La Germania e la Francia si posizionano in Siria e nel Maghreb misurandosi con Trump, e naturalmente i francesi partono rispetto agli europei storicamente avvantaggiati.

Trump gioca un ruolo di cui forse non è consapevole, ma che è essenziale. Sia Macron che la Merkel l’hanno affermato: non si può far a meno degli Usa per non far cadere nell’anarchia le relazioni internazionali mondiali. Un ruolo da cui gli Usa non possono sottrarsi volenti o nolenti. È la storia Donald! Ricordalo oggi 14 luglio, quando le truppe Usa sfilano in testa nelle celebrazioni di un evento storico da cui anche gli Usa nacquero.