Un miliziano jihadista ha pugnalato a morte due turiste tedesche e ferito quattro altre straniere, due ceche e due armene, in un resort sul Mar Rosso in Egitto. L’attentatore, secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni sentiti dalle forze dell’ordine, è entrato in azione all’hotel Zahabia di Hurghada, affacciato sul mare, per poi spostarsi a nuoto in un lido vicino e attaccare altre persone nel villaggio Sunny Days El Palacio. Prima però di mettere in atto questo suo proposito è stato arrestato. 

C’è ancora riserbo da parte delle autorità egiziane sul motivo dell’attacco. L’Egitto già combatte le forze islamiste nella penisola del Sinai, dove nel mirino dei fondamentalisti ci sono i militari, ma i terroristi hanno attaccato, oltre ad obiettivi turistici, anche i cristiani e le chiese copte. Non solo. Quello di ieri non è l’unico attentato compiuto dai jihadisti. L’attacco è avvenuto nello stesso giorno in cui cinque poliziotti sono stati uccisi con una moto sbucata tra le loro auto appena a sud del Cairo. 

Le minacce al potere costituito sono un grave elemento di instabilità per molti paesi dell’area e rappresentano un vulnus che non lascia tranquilli sui suoi potenziali sviluppi. 

In Iraq la popolazione sunnita guarda con sospetto l’élite sciita, ora che la presa di Mosul sembra avere determinato un punto di non ritorno nel controllo del territorio da parte del potere centrale. Ma il dibattito sulla ricostruzione delle aree devastate dal conflitto sembra escludere proprio la maggioranza sunnita, a beneficio della componente sciita.

In Turchia Erdogan prolunga di altri tre mesi lo stato di emergenza e commemora l’anniversario del fallito colpo di stato dell’anno scorso con 7mila nuove epurazioni a spese di apparati di polizia, ministeri e docenti universitari. Uno specchio della fragilità politica del leader, vista la maggioranza risicata con la quale è stata approvata la sua riforma costituzionale, e di un paese profondamente spaccato. 

Altrettanto preoccupante appare la situazione nel Golfo, dove lo schieramento pro o contro la Fratellanza musulmana è lo spartiacque tra stati ora apertamente antagonisti, preoccupati in primis di mantenere la continuità monarchico-religiosa nel controllo del potere. 

Ma anche l’Egitto è in crisi, e non solo per gli attacchi terroristici come quello di ieri, il cui risultato non da poco è quello di minare la sicurezza dei cittadini. L’economia arranca e la partecipazione democratica appare in crisi, proprio quando il paese avrebbe bisogno di una società civile più dinamica e di una partecipazione politica più vitale per dare nuova linfa e consenso a chi ha in mano le leve del comando. Ma il leader al Sisi sembra purtroppo scoraggiare queste dinamiche virtuose, forse per timore di indebolire il governo del paese. C’è da augurarsi, invece, che tutto ciò non inneschi nuove iniziative rivoluzionarie. Rischio ancor più accresciuto dal fatto che addirittura i vertici dell’ortodossia sunnita dell’università di al-Azhar al Cairo potrebbero diventare un obiettivo dei terroristi dopo le aperture fatte in occasione della visita di Francesco all’ipotesi di una convivenza con pari diritti tra musulmani e cristiani. Bene ha fatto la commissione difesa del Senato italiano a recarsi in visita nel paese ed incontrare governo e società civile, sopperendo così con strumenti parlamentari all’impasse governativa dopo il caso Regeni. Non lasciamo solo l’Egitto. Il caos nel paese delle piramidi costerebbe caro all’intero scacchiere euro-mediterraneo.