Si può discutere che senso abbia dialogare con tredici sindaci di altrettanti città libiche quando la Libia stessa non ha un un potere centrale a fare da unico interlocutore, ma, secondo il generale Marco Bertolini intervistato da ilsussidiario.net, non possiamo aspettarci soluzioni in tempo breve: “E’ necessario dialogare anche con il leader di Tobruk, Haftar, perché è una parte decisiva e importante del problema, non possiamo limitarci più alla sola Tripoli, di cui non si sa neanche quanta parte al Serraj controlla“. Inoltre, sempre per Bertolini, “è necessario cambiare atteggiamento verso le Ong che servono solo come servizio navetta per chi si mette in mare senza alcun formale controllo del nostro Paese. La situazione è insostenibile e le Ong hanno aggravato il problema”.
Generale, che importanza può avere dialogare con tredici sindaci davanti all’enormità del problema migranti e che collaborazione possiamo aspettarci?
Il dialogo è sempre importante, l’iniziativa del ministro Minniti si inserisce nel quadro di altre analoghe, come quando a Roma incontrò i capi Tuareg. Ma sono tutte iniziative parziali. La Libia come tutti sanno è attualmente strattonata da ogni parte da capi e capetti, alcuni importanti altri meno. Personaggi che sono a malapena in grado di rispondere delle zone in cui sono presenti.
Infatti, manca un interlocutore unico, sebbene la comunità internazionale consideri al Serraj in questo ruolo, è così?
Minniti non ha un interlocutore centrale in grado di rispondergli per risolvere un problema così difficile. Sta infatti cercando di farlo in maniera parziale contattando i capi locali.
Servirà?
Credo che i risultati non li vedremo fino a quando non ci sarà un potere centrale, e soprattutto se non saremo in grado di dare a questi interlocutori qualcosa in cambio.
Immagino che intenda somme di denaro?
Ovvio. Quelle comunità prosperano con il traffico di uomini, non possiamo pensare che smettano semplicemente per solidarietà nei nostri confronti. Il generale Haftar che fa capo al governo di Tobruk, l’uomo forte della Libia, quello che ha incontrato Putin, quest’uomo adesso ha il controllo di una porzione importante del centro della Libia. Credo sia necessario cominciare a trattare anche con lui, non si è espresso in modo molto positivo nei nostri confronti accusandoci di ingerenza, ma lo ha fatto solo per alzare un po’ il prezzo. Credo che in questo momento lui sia un interlocutore indispensabile, oltre a chi controlla la costa della Tripolitania.
Chi sarebbe?
Questo è il problema: Tripoli? Misurata? Questa è la grande difficoltà davanti al dramma cui ci vediamo davanti.
Siamo l’unico paese al mondo che ha riaperto l’ambasciata a Tripoli. Forse come dice lei era meglio interloquire sin da subito con Tobruk.
Al Serraj è l’uomo dell’Onu e dell’Unione europea. Noi abbiamo sposato questa linea e non potevamo non sostenerlo. Va bene cercare di parlare con tutti quelli che si può, bene aprire l’ambasciata anche se questo comporta qualche rischio di carattere politico e di sicurezza, però bisogna parlare anche con Tobruk. La soluzione non può non vederli protagonisti. Al Serraj è un interlocutore ma è anche una anatra zoppa, non sappiamo neanche quanta parte della capitale riesce a controllare.
Sembra di capire che i tempi saranno anche lunghi, lei cosa proporrebbe per abbreviarli?
Ci sarebbe da fare chiarezza con le Ong. Bisognerebbe impedire loro di fare autogestione come hanno fatto fino adesso.
In che senso?
Di fatto hanno realizzato un servizio di traghettamento dalla Libia all’Italia senza averne almeno formalmente l’autorizzazione e adesso agiscono di propria iniziativa. Dovremmo dire loro che non devono più portare nessuno in Italia. Chi viene recuperato, non direi salvato, perché quello che fanno è un servizio navetta, nel senso che i migranti prendono il mare, chiamano e le Ong li vanno a prendere, non lo traghettino più in Italia, lo traghettino a casa loro. Non è una chiusura dei porti. Va detto alle Ong di operare per conto dei paesi che le hanno espresse, non al posto dell’Italia. E’ chiaro che non possiamo portare i migranti in Germania su una nave militare tedesca, ma i migranti che arrivano qui portati dalle nostre navi militari sono una minoranza. Le Ong invece sono fuori del nostro controllo.
(Paolo Vites)