Com’era altamente prevedibile, il voto di domenica in Venezuela si è rivelato, nonostante i limiti imposti dal Governo di Maduro, un vero e proprio plebiscito contro un potere che si definisce “rivoluzionario”, ma che pare più conservatore e reazionario di quello che portò alla Rivoluzione Francese. Manca solo la sceneggiata stile “brioche” modello Maria Antonietta, magari interpretata da una che questi copioni li produce da tempo in quantità industriale, come la Cancelliera Delcy Rodriguez. Memorabile il suo tutore al braccio destro per una presunta aggressione (mai avvenuta, visto che chi scrive era presente) della polizia a Buenos Aires mesi fa mentre tentava di entrare in una sessione del Mercosur da cui il Venezuela è stato momentaneamente espulso per mancanza di democrazia. Ma tant’è, il Governo venezuelano ancora una volta si dimostra “abile” in una diplomazia del silenzio, o se preferite dell’indifferenza, che però pare ormai aver raggiunto i suoi limiti.



Difatti finalmente le pressioni internazionali stanno diventando sempre più serrate e il gioco sempre più pericoloso per un potere che non sa più su quale specchio arrampicarsi per mantenersi. La nuova Costituente che Maduro vuol far passare come l’ennesimo atto rivoluzionario e che sta portando avanti è infatti una classica manovra repressiva per la democrazia, mascherata dal solito refrain nazionalpopolare che è ormai un imprinting del populismo latinoamericano. Difatti, leggendo il documento che la illustra, non è assolutamente chiaro in base a quali requisiti verranno scelti i 173 “rappresentanti del popolo”: pare più un restyling made in Urss o Cuba che porta indietro le lancette degli orologi di decenni. Specie quando la consultazione di domenica, il famoso referendum sulla Costituzione, ha portato, com’era altamente prevedibile, a una massiva disobbedienza civile che ormai neanche la repressione più bieca, violenta e anche nascosta può fermare senza conseguenze gravissime non solo per la nazione venezuelana, ma per l’intera America Latina. 



Questo perché rischia di aprire definitivamente gli occhi anche ai tanti supporters della “revolucion” in Paesi dove il populismo, seppur attuato in maniera più “aperta”, è ancora al potere e che stanno subendo forti scossoni, come accade in Ecuador e Bolivia. Il “potere eterno” che questi regimi proclamano dura finché ci sono i capitali per finanziare le immense perdite che i vari settori dell’economia, in mano a persone incapaci ma fedeli al partito, producono e che portano le nazioni al collasso. Se a questo aggiungiamo l’immensa corruzione, tipica delle “eternità” (ma comune anche a certi liberalismi sfrenati) e l’influenza della malavita (narcotrafficanti & Co.), allora il quadro diventa drammatico.



Maduro sa già che in caso di elezioni, invocate ormai pure dagli extraterrestri, non solo perderà il potere, ma dovrà rispondere degli eccessi del suo regime. Nella giornata di domenica, in piazza San Pietro, in occasione dell’Angelus, circa 250 venezuelani hanno manifestato perché si trovi una soluzione urgente alla catastrofe che si sta vivendo. Vanessa Ledezma, figlia del Sindaco di Caracas da anni ai domiciliari, ci ha dichiarato: “Non siamo venuti qui a chiedere un miracolo, ma giustizia. Papa Francesco sa benissimo che il regime venezuelano ha approfittato della sua buona fede per prendere tempo in un dialogo falso mentre i venezuelani perdono la vita non solo per partecipare alle manifestazioni (siamo arrivati alla vittima numero 100, ndr), ma pure per mancanza di medicinali. Stiamo chiedendo solo elezioni urgenti e trasparenti e rivolgiamo pure un appello alle forze armate affinché la smettano di agire come comparse in appoggio a un regime che gli permette di commettere delitti in nome di una rivoluzione falsa e si sottomettano alla Costituzione nazionale”.