Con il voto negativo anche sulla riforma sanitaria ridotta, non a caso definita “skinny”, smilza, Trump ha subito una sconfitta non indifferente su uno dei punti base della sua campagna elettorale. Per i Repubblicani l’annullamento dell’Affordable Care Act, volgarmente detto Obamacare, aveva un forte significato ideologico, l’arretramento dello Stato in una questione da molti di loro considerata privata, e politico, essendo, l’Aca il maggiore risultato, seppur discusso, degli otto anni di presidenza di Obama. Per Trump era perciò più importante abbattere questo simbolo di successo del suo avversario piuttosto che affrontare concretamente il problema dell’assistenza medica ai cittadini americani.



Le forti resistenze incontrate hanno fatto passare dalla cancellazione totale dell’Obamacare all’ultima proposta di una sua riforma parziale, finendo per dividere gli stessi senatori Repubblicani. La divisione si è poi tradotta in tre voti contrari Repubblicani, permettendo così il rigetto della proposta con 51 voti contro 49. Le dichiarazioni prima e dopo il voto fanno pensare che altri senatori Repubblicani abbiano votato a favore solo per disciplina di partito, ma tutt’altro che soddisfatti della proposta.



Un particolare risalto è stato dato al voto contrario di John McCain, già candidato Repubblicano nel 2008 contro Obama e avversario interno di Trump, soprattutto per la sua avversione a ogni accordo con la Russia. Molti hanno ricordato come in campagna elettorale Trump avesse messo in dubbio la sua qualifica di eroe della guerra in Vietnam. Poi a McCain è stato diagnosticato un tumore al cervello ed è riapparso in aula per votare con i segni dell’operazione subita nei giorni scorsi. Con una delle sue ormai abituali giravolte, Trump lo ha ridefinito “un eroe”.

Al di là dei risvolti emotivi, la posizione di McCain sembra del tutto ragionevole quando invoca una rielaborazione bipartisan della riforma sanitaria. I limiti della riforma di Obama e i suoi aspetti negativi sono ben presenti anche a molti Democratici, che si oppongono però uniti a una sua completa cancellazione. Anche perché rischierebbe di peggiorare la situazione di diversi milioni di americani, problema questo ben presente a molti parlamentari e governatori Repubblicani.



C’è da augurarsi che, passato lo shock del momento, Repubblicani e Democratici si siedano attorno a un tavolo per concordare una revisione della riforma tale da rispettare almeno in parte le diverse impostazioni ideologiche, ma che risponda almeno in gran parte ai bisogni reali dei cittadini. Le dichiarazioni in tal senso di esponenti dei due partiti, sia al Senato che alla Camera, lasciano ben sperare, ma in politica non si può essere mai sicuri.

Sorprende invece la reazione di Trump che in un tweet ha dichiarato: “Lasciamo l’Obamacare implodere, poi tratteremo”. Sorprende, perché in discussione non è una questione meramente politica, ma una legge che riguarda la stragrande maggioranza dei cittadini in un settore così importante come la salute. E sorprende anche perché, se non è semplice cinismo, indica l’assenza di reali proposte alternative da parte del Presidente e dei suoi.

Comunque sia, quanto avvenuto è ben lungi da costituire un successo per Trump e quasi tutti i commentatori sottolineano la concomitante sconfitta subita con le nuove sanzioni alla Russia e la pratica blindatura della legge. La proposta è infatti passata quasi all’unanimità sia alla Camera che al Senato, prova di una netta separazione tra il Presidente e i parlamentari del suo partito. Una sconfitta ancor più grave per Trump, alla luce del Russiagate e dello spettro di un impeachment, ma che forse lascia più indifferente il normale cittadino. Fino a che anch’egli comincerà a sentire il brontolio dei tuoni di un conflitto che diventa sempre più vicino. Speriamo che gli americani se ne accorgano prima che sia troppo tardi.