Kim Jong-un in fondo è un gran spiritosone: per testare la sua arma più avanzata e pericolosa, un missile intercontinentale capace di coprire i circa 930 chilometri che separano Corea del Nord e Alaska, ha scelto il 4 di luglio, giorno di festa nazionale negli Usa e come base una zona vicino al confine con la Cina. Come dire: vi sfido tutti quando e come voglio. Per Angelo Aquaro, che abbiamo intervistato sullo scenario complessivo dello scacchiere orientale, “non si tratta più del ‘se’ i nordcoreani riusciranno a raggiungere un livello di pericolosità di questa natura, ma di “quando” decideranno di usarlo veramente”. E mentre Mosca e Pechino festeggiano con l’ennesimo incontro accordi militari ed economici, Trump si trova da solo a dover decidere che mosse fare: “L’America ha sempre svolto questo ruolo nell’ultimo secolo, dunque tocca agli Usa prendere il bandolo della matassa anche questa volta, non ci si può aspettare che lo faccia Pechino”.
La Corea del Nord ha raggiunto il livello più alto di pericolosità militare. Cosa dobbiamo aspettarci? E’ il solito “linguaggio dei missili” che nasconde richieste di vario tipo?
Non siamo al solito messaggio dei missili, perché se stiamo a quello che dicono le notizie diffuse da Pyongyang, seppure non confermate degli americani, i nordcoreani avrebbero raggiunto la capacità teorica di raggiungere l’Alaska. Che ovviamente non è Washington e neanche le Hawaii come popolazione e centri abitati, ma comunque è territorio americano. E’ un traguardo simbolico importante.
Qual è il senso politico di questa prova di forza?
Il senso è chiaro: non si tratta più di pensare “se” ce la faranno, ma “quando” ce la faranno a colpire.
Esiste ancora un qualche dialogo in atto? Che cosa farà adesso l’America?
Esiste ancora tramite le classiche vie traverse. Il dialogo vero e proprio sotto sotto non si è mai interrotto, il problema è che non c’è altra strada se non quella diplomatica, sempre a livello nascosto, non certo tramite le ambasciate perché gli ambasciatori nei due paesi non ci sono più. E’ lo stesso capo di stato maggiore americano a dire che qualsiasi tipo di azione militare sarebbe un disastro e la stessa cosa ha detto l’inviato cinese all’Onu. Questo forse è uno dei pochi punti fermi su cui Cina e Usa sono d’accordo.
Che cosa implica questa parziale condivisione di vedute?
La strategia seguita fino a oggi da Trump, cioè affrontare questa crisi appoggiandosi alla Cina, ha funzionato. Solo che, come lo stesso Trump ha detto nel suo ultimo tweet, secondo lui Pechino non fa abbastanza. Il problema vero è che la Cina non ha poi così tanto interesse a fare di più, perché i rapporti con la Corea non sono mai stati calorosi. La Corea ha approfittato della Cina, ma la Cina non è che abbia potuto piegarla più di tanto. Soprattutto, Pechino non ha alcun interesse né ad una crisi in Corea del Nord, che riverserebbe milioni di profughi in Cina, né ad una veloce unificazione, che potrebbe portare a un’americanizzazione della penisola.
Quindi?
La Cina fa quel che può. Il lancio di oggi (ieri, ndr) è avvenuto proprio vicino al confine cinese e non è stato certo un bel gesto nei confronti della Cina.
Xi e Putin si sono nuovamente incontrati, firmando una serie di accordi militari ed economici. Che peso ha questo riavvicinamento, proprio mentre gli americani mandavano una nave militare nei pressi delle isole reclamate dalla Cina?
Queste sono cose che si susseguono molto rapidamente. Il rapporto tra America e Cina resta ancora forte, non è stato messo a prova duramente. Il passaggio davanti alle isole contese ovviamente Pechino lo ha considerato una provocazione, ma l’abbraccio tra Russia e Cina non è notizia di oggi. Dopo la crisi ucraina la Russia non ha potuto che guardare verso la Cina visto il raffreddamento con l’occidente al tempo di Obama. Tutta la vicenda del Russiagate poi dice che lo stesso Trump vuole cambiare i rapporti con la Russia. Non vedo uno spostamento improvviso di blocchi Cina e Russia contro gli Usa. Né alcuno ha interesse a crearli in questo momento. Lo vedremo prestissimo al G20.
Dunque normale amministrazione tra Pechino e Mosca?
Stanno certo intensificando i loro rapporti ma la politica di espansione verso l’occidente della Cina, considerando la Russia parte dell’occidente, fa parte della politica della nuova via della seta, il nuovo strumento geopolitico di Xi. Tutto questo però era già cominciato ben prima.
Quali previsioni è possibile fare su tutto questo scenario?
Bisogna capire come si svilupperà. La Cina non vuole rompere con l’America perché porterebbe grandissimi danni commerciali, fino a oggi l’equilibrio trovato con Trump si basa proprio su questo. Ma elaborare proposte tocca anche agli americani. Gli Usa nell’ultimo secolo hanno fatto questo mestiere, perciò tocca a loro prendere il bandolo della matassa e tentare di scioglierla, senza calciare sempre la palla nell’altra metà campo.