Un Congresso, sia Camera dei deputati che Senato, raramente così compatto nel dare un voto: 419 sì contro 3 no nel primo caso e 98 sì e 2 no nel secondo a favore di nuove sanzioni contro la Russia per il caso Ucraina. Il risultato? Donald Trump non potrà più occuparsi di politica estera da solo. Il che, ha detto al sussidiario Andrew Spannaus, autore del recente saggio La rivolta degli elettori, “per quanto Trump sia un personaggio che rischia di combinare qualche pasticcio se è lasciato solo, è il vero obbiettivo dietro tutte le fandonie del Russiagate: impedire il miglioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Russia”. Putin da canto suo ha dovuto dare una qualche tipo di risposta, espellere dalla Russia oltre 700 diplomatici americani, ma è un gesto obbligato e senza effetti pratici. Il fatto è che, dice ancora Spannaus, “i parlamentari neocon di destra e di sinistra hanno sobillato il Congresso contro Trump per impedire di portare avanti quel dialogo con Mosca che stava dando buoni frutti”.



Un voto trasversale di massa che ha imposto a Trump sanzioni contro la Russia: il presidente americano è ormai osteggiato dal suo stesso partito?

Sicuramente per quanto riguarda la Russia è isolato e osteggiato da tutte le istituzioni politiche tradizionali. La decisione di varare queste sanzioni è stata presa in chiave anti-Trump, non in chiave anti-Russia. Il meccanismo è questo: questa nuova legge toglie al presidente la possibilità di decidere da solo di fare deroghe sulle sanzioni sulla Russia. E’ quello che volevano.



Concretamente che cosa significa?

Significa che il Congresso a larghissima maggioranza  ha voluto impedire a Trump di fare politica estera da solo, e questo dimostra che hanno paura di Trump, della sua volontà di apertura alla Russia che stava perseguendo con buoni risultati. E questo non piaceva a gran parte delle istruzioni.

Trump ha detto che firmerà le sanzioni, il che significa che è stato battuto, che ha capitolato?

Ha dovuto firmare per forza: con i numeri che ci sono al Congresso, anche se non avesse firmato, il veto sarebbe stato scavalcato in quanto una maggioranza qualificata del Congresso può bloccare a sua volta il veto del presidente. E’ successo anche a Obama con il caso dell’Arabia Saudita e dei parenti delle vittime dell’11 settembre. 



E’ un Trump indebolito quello che esce da questo scontro?

Sì, e con la decisione di Putin di espellere i diplomatici americani ne vediamo le conseguenze immediate. Trump non è riuscito a cambiare il clima a Washington sulla questione russa. D’altra parte se fosse lasciato da solo a fare politica estera un personaggio come lui qualche pasticcio finirebbe per farlo.

Nel caso specifico della Russia?

Nel caso della Russia, Trump stava facendo un buon lavoro, portando avanti incontri validi con Putin che hanno avuto effetti reali e positivi sulla Siria. Ma non era pensabile andare avanti con un accordo per raffreddare la situazione in Ucraina. E’ ovvio che il Congresso avrebbe reagito. Siccome Trump sta cercando di fare progressi in Siria, l’ultima cosa che vogliono vedere i neocon che sono sia a destra che a sinistra è un miglioramento generale dei rapporti con la Russia che potrebbe impattare anche sull’Ucraina.

Diversi paesi europei hanno reagito con fastidio a queste nuove sanzioni, che danneggiano anche loro dal punto di vista economico. A quale scenario siamo davanti?

Lo scenario non è positivo. Ma questo dimostra veramente che la fazione neocon anti-russa di destra e interventista di sinistra purtroppo ha ancora un peso molto forte al Congresso. Sono decisioni che partono da piccoli gruppi di senatori ma riescono su questi temi a imporsi. Certo è che senza lo scandalo Russiagate tutto questo sarebbe stato per loro molto più difficile. Adesso, a causa di questa isteria pubblica che tratta i contatti con la Russia come il tradimento degli Stati Uniti d’America, si sentono obbligati a mandare un segnale a Trump.

E la chiave della vicenda è il Russiagate.

Il Russigate sta già dando i suoi frutti. Sta funzionando perché l’unico obbiettivo di chi sta dietro a questo inesistente scandalo è bloccare il miglioramento dei rapporti con la Russia. A livello di fatti concreti sarebbe già “morto”, non ci sono prove di collusioni, c’è stata solo isteria per l’incontro di Jared Kushner e del figlio di Trump con l’avvocato russo, ma le dichiarazioni di Kushner al senato sono state chiarissime. Ha dimostrato che non sapeva chi fosse, non sapeva il nome dell’ambasciatore russo e ha chiesto a un assistente di chiamarlo dopo dieci minuti per uscire da quella riunione senza senso. Cercavano la pistola fumante ma hanno trovato fumo senza arrosto. Ma l’indagine sta dando comunque i suoi effetti, dato che l’obiettivo reale è influenzare la politica estera americana nei confronti della Russia.