“Terza guerra mondiale a pezzetti”: l’icastica espressione di Papa Francesco è spesso usata come incipit alle analisi sulla situazione attuale. Rimane tuttavia da definire chi sarà ad assumersi, e con quali obiettivi, la responsabilità di trasformare i pezzetti di guerra che infuriano un po’ ovunque in una malaugurata nuova guerra mondiale.



La prima guerra mondiale fu essenzialmente una guerra di Stati nazionali contro imperi multinazionali, epilogo di un processo storico continuato per tutto il diciannovesimo secolo. Non a caso l’Ottocento è stato definito “il secolo lungo” e in Italia la “Grande Guerra” è stata considerata la quarta guerra risorgimentale. Al di là delle celebrazioni, il dissolvimento degli imperi austro-ungarico e ottomano hanno determinato nei Balcani e in Medio Oriente una situazione di instabilità di cui tuttora soffriamo le tragiche conseguenze. Le umilianti misure vendicative contro la sconfitta Germania, soprattutto da parte di Francia e Inghilterra, hanno reso possibile l’ascesa del nazismo.



La seconda guerra mondiale si pone quindi come una continuazione della prima, causata dai problemi da questa lasciati irrisolti. E’ stata certamente anche la guerra di potenze occidentali democratiche contro il nazifascismo e l’imperialismo giapponese. Non si può però dimenticare la parte essenziale svolta dall’unico impero multinazionale sopravvissuto alla prima guerra, quello zarista, trasformato in una dittatura comunista, l’Unione Sovietica di Stalin. Inevitabile lo scontro tra le due anime della coalizione antinazista e la continuazione della guerra tra gli ex alleati, sia pure in gran parte come guerra fredda. In nome della “nuova pace”, la guerra iniziata per l’invasione nazista della Polonia è finita con la Polonia sotto il tallone sovietico.



La seconda guerra mondiale ha sottolineato in modo incontrovertibile la perdita di centralità degli Stati europei e l’affermazione degli Stati Uniti come superpotenza globale. Ha anche reso evidente la sempre maggiore importanza dell’area del Pacifico, dove lo scontro tra i due blocchi e stato tutt’altro che “freddo”. La Cina diventata comunista si è progressivamente distanziata dall’Unione Sovietica, sia in termini ideologici che di interessi geopolitici, fino a un confronto diretto con il Cremlino. Questa circostanza non sembra essere stata valutata pienamente dall’Occidente, così come la presa di coscienza nazionalista in diversi Paesi asiatici e la conseguente ricerca di una propria autonomia anche in politica estera, che portò alla definizione di “Paesi non allineati”. Le conseguenze di questa sottovalutazioni sono evidenti oggi, con l’India che rappresenta il caso più appariscente e denso di interrogativi, come ben illustra l’intervista a Francesco Sisci.

In questo scenario, perché e tra chi dovrebbe scoppiare la terza guerra mondiale? A suo modo, una risposta l’ha data Donald Trump con lo slogan “America First”, appello a uno spirito nazionalista preoccupato in primo luogo degli interessi del Paese come tale, piuttosto che nel suo ruolo di guardiano del mondo. Non si tratta di una questione ideale, quanto della constatazione che il peso e il potere di Washington sul mondo stanno diminuendo. La convinzione che la caduta del Muro avrebbe lasciato gli Stati Uniti come unica superpotenza si è dimostrata falsa e occorre ora fare i conti almeno con altre due potenze: Cina e Russia. Più un certo numero di potenze locali non disposte a sottomettersi facilmente all’altrui imperio, cui si aggiunge l’espansionismo islamico, evento ben noto da secoli agli europei ma sconosciuto agli americani.

In questo disordinato multipolarismo, una guerra mondiale vera e propria potrebbe solo scatenarsi con il confronto diretto tra le tre superpotenze citate: Usa, Cina e Russia. Tutti e tre questi “imperi” sono animati da un forte nazionalismo, per cui la scelta è tra una nuova divisione delle aree di influenza all’interno di accordi quadro che regolino i reciproci rapporti, e il rischio di sfociare prima o poi in uno scontro diretto. L’antagonista più pericoloso sembrerebbe la Cina, con la sua costante espansione non solo in Asia, ma in Africa e perfino in America Latina, e una crescente presenza in Europa. Per evitare di combattere su due fronti — Hitler insegna — sembrerebbe logica una qualche intesa tra Washington e Mosca, o, comunque, necessario impedire un’alleanza tra Russia e Cina.

E’ quindi difficilmente spiegabile, come già scritto, l’accerchiamento ostile che gli Stati Uniti stanno compiendo, utilizzando impropriamente la Nato, nei confronti della Russia. Tanto più che si stanno contemporaneamente irrigidendo le posizioni verso la Cina. Se, secondo la collaudata politica del regime change, l’obiettivo delle pressioni è quello di cambiare il regime a Mosca, per renderlo più aderente ai desiderata americani, è forte l’impressione di un gravissimo errore di calcolo. E sarebbe da consigliare a quelli di Washington un ripasso della storia russa.

Chi regge le sorti del mondo farebbe anche bene a ricordare che la seconda guerra mondiale finì con le atomiche sul Giappone. La terza guerra, invece, inizierà con le atomiche, ma ciò che finirà sarà ben più di una guerra.