E’ sempre alta la tensione negli Stati Uniti, dopo gli incidenti nella città di Charlottesville che hanno causato una vittima durante una manifestazione in cui veniva chiesto di abbattere una statua dedicata al Generale confederato Robert E. Lee. Manifestazione culminata come si sa nell’aggressione dei cosiddetti suprematisti bianchi, uno dei quali a bordo di una vettura ha falciato la folla uccidendo una ragazza. Il risorgere di rigurgiti razzisti e filo nazisti ha portato negli ultimi tempi all’eliminazione in molte città del sud della bandiera degli stati confederati, che nonostante la sconfitta nella Guerra di secessione era rimasta a testimoniare il simbolo di una appartenenza popolare. Il governatore della Virginia dopo gli incidenti di Charlottesville ha ordinato di portare ogni statua e simbolo pubblico al chiuso dei musei mentre lo scorso martedì la città di Baltimora ha rimosso dalle strade ogni simbolo. Così è successo a Birmingham in Alabama, dove statue e targhe sono state coperte perché una legge dello stato impedisce di rimuoverle. A Durham in North Carolina ci hanno pensato direttamente gli attivisti distruggendo la statua dedicata a un soldato sudista mentre a Brooklyn la folla ha staccato una targa dal punto in cui il generale Lee ai tempi piantò un albero. Il candidato democratico alla carica di governatore dello stato della Georgia ha detto che farà rimuovere se eletto il grande monumento dedicato ai generali sudisti di Atlanta.
Ieri il presidente americano Donald Trump, accusato di sostenere i gruppi neonazisti bianchi, ha tritato un preoccupato allarme: “E’ triste vedere la storia e la cultura del nostro grande paese venir fatta a pezzi rimuovendo le nostre belle statue e monumenti. Non si può cambiare la storia, ma si può imparare da essa. A chi toccherà in futuro, a Washington o a Jefferson?”. Non ha tutti i torti il criticato presidente americano. Il problema è che la cicatrice causata dalla Guerra di secessione non è mai stata curata in modo adeguato, il solco tra stati del sud e del nord è rimasto molto profondo. Accusare gli abitanti di quei stati di razzismo o quei simboli di rappresentare il razzismo è quanto di più storicamente sbagliato. Lo stesso generale Lee non era mai stato un sostenitore dello schiavismo e del razzismo. Nominato come capo supremo di tutto l’esercito americano, rifiutò per prendere il ruolo di capo dell’esercito sudista solo per amore dello stato in cui era nato e cresciuto, la Virginia. Così come i tanti contadini che combatterono nelle file sudiste avevano a cuore la propria origine e la propria appartenenza più che la difesa dello schiavismo. Fu una guerra, come tutte le guerre, essenzialmente per motivi economici: il grande nord industriale soffriva la concorrenza del sud agricolo, che facendo uso degli schiavi, era ovviamente favorito. Tanto è vero che dopo la guerra il sud fu ridotto in povertà estrema, saccheggiato e derubato di ogni ricchezza. Ci vollero decenni perché potesse risorgere economicamente, ed è questa la causa principale del solco fra quegli stati e quelli del nord. Lo stesso presidente Lincoln, che abolì la schiavitù, oltre ad appartenere allo stesso partito di Trump, quello repubblicano (dov’erano i democratici di allora?) non era mai stato un convinto sostenitore di una società composta da due popoli e due razze diverse, tanto che dopo l’abolizione della schiavitù voleva rimandare tutti gli afro americani in Africa, in Liberia e nei Caraibi.
In ogni caso rimuovere quei simboli del passato significa rimuovere la storia di un paese, nel bene e nel male, e cancellare la memoria non porta mai a niente di buono. Immaginate se in Italia fossero rimossi tutti i simboli e i monumenti che ricordano i protagonisti della storia precedente l’unità di Italia perché magari leghisti e indipendentisti ne facciano uso propagandistico. Successe a Venezia, quando si impadronirono della bandiera di San Marco simbolo della Repubblica veneta, che però non è stata messa fuori legge. Oppure, visto che i Savoia si allearono con Mussolini e l’Italia ha abolito la monarchia, venissero rimosse tutte le statue che ricodano i re che hanno fatto l’unità italiana. Inoltre cancellare questi monumenti può portare a esacerbare gli animi dei bianchi più razzisti, portando a un futuro di scontri civili molto preoccupante. Vale la pena poi ricordare che il Ku Klux Klan, la società segreta che uccideva e colpiva i neri, nacque in Indiana, stato del nord, e non nel sud. E’ una problematica complessa, che rischia se trattata in modo superficiale e ideologico, di dividere sempre di più gli Stati Uniti, che non sono mai apparsi così poco uniti come in questo periodo.