E così si è consumata anche la farsa del “referendum” per la Costituzione madurista, che ha riscontrato una bassa affluenza, confermata pure da fonti chaviste. Il flop deve aver fatto arrabbiare il Presidente che, a fronte degli ennesimi incidenti, ha ordinato l’incarcerazione di Antonio Ledezma e Leopoldo Lopes che si trovavano già ai domiciliari (il secondo era appena uscito dalla prigione).



Che la situazione del Venezuela sia ormai diretta verso una guerra civile i lettori del Sussidiario lo sanno già da tempo, anche perché ogni mossa dell’ormai dittatore Maduro è un’aperta provocazione verso una grande maggioranza della popolazione ridotta alla fame: anche l’ormai famosa votazione per una nuova Costituzione si sta rivelando l’ennesimo tentativo di provocare uno scontro frontale, visto che il plebiscito è addirittura in aperta antitesi con il chavismo stesso, la cui vigente “Costituzione Bolivariana” è ormai difesa apertamente dall’opposizione. Come sempre non mancano in questo dramma anche lati comici, come il mancato riconoscimento della tessera elettorale del Presidente in diretta durante una trasmissione su scala nazionale per lanciare il referendum.



La cosa che però fa impressione è come all’estero (e anche in Italia, anzi soprattutto da noi e in Spagna) una certa sinistra (o che almeno si spaccia come tale) si occupi della strenua difesa di situazioni che, paradossalmente o forse no, si identificano come restaurazioni del fascismo più bieco (mancando di qualsiasi elemento di democrazia) o addirittura di personaggi di dubbio spessore etico.

La situazione dei populismi latinoamericani è chiarissima, eppure gli strenui “difensori delle libertà”, come si pavoneggiano, si sono trasformati negli aperti fiancheggiatori di queste dittature o se preferite “poteri eterni”, che dilapidano ricchezze inimmaginabili per mantenersi al potere con interscambi politici che includono sussidi fini solo a se stessi mentre c’è una povertà che, invece di diminuire, aumenta a vista d’occhio. Perché le economie di queste nazioni (fanno eccezione Bolivia ed Ecuador, dove però si riscontrano ancora barlumi di democrazia) sono basate sulle vendita delle ricchezze della terra, sensibili all’andamento dei mercati, senza saper costruire e sviluppare le economie interne, pericolosissime in caso di successo. Per cui quando i prezzi delle materie prime crollano (vedi il petrolio) non ci sono più soldi nelle casse degli Stati e le crisi avanzano a tutta velocità, come in Venezuela. E a quel punto domina la violenza più bieca, che investe tutte le parti in causa.



Il problema a questo punto è che Maduro e i componenti del suo Governo non sanno più come salvarsi, visto che pare non esistano Paesi in grado di ospitarli proteggendoli a livello internazionale dalle pesantissime accuse nella gestione del potere. E quindi la violenza costituisce l’unica soluzione per tentare di reprimere l’opposizione di un Paese, senza capire che ciò costituisce il mezzo per affossare sempre di più queste dittature che di socialista non hanno proprio nulla.

Situazione chiarissima ormai, tranne che per i nostri “strenui difensori delle libertà”.