L’interesse precipuo della grande industria americana, soprattutto quella in beni strumentali, è quello di trovare sempre nuovi mercati per investimenti ad alta redditività. Nulla di meglio, per questo, che la Russia, che è stata privata dal sistema di interdipendenze economiche, che vigevano ai tempo dell’impero, del Comecon sovietico. Eppure il Congresso americano con una schiacciante maggioranza sia di democratici, sia di repubblicani, ha votato per intensificare le sanzioni contro la Russia. L’indipendenza dell’Ucraina dall’impero a cui di fatto essa storicamente appartiene, è divenuta invece il punto centrale su cui esercitare e scagliare i fulmini dell’ideologia dei neo-con dell’esportazione della democrazia. Nonostante che Tierllson, ex Ceo di Exon Mobil, sia oggi Segretario di Stato, il voto del Congresso riflette la forza dell’ideologia neo-con, su deputati e senatori nordamericani e sfata ogni determinismo sui rapporti tra economia e politica.



E questo in un contesto internazionale che comprova che solo l’accordo tra Usa e Russia può portare, per esempio, a una riscrittura del vecchio entente cordiale tra potenze coloniali in Mesopotamia. L’Iran può essere contenuta e forse condotta alla ragione non con gli improvvisati cambi di alleanza all’Obama, ma con un serio accordo tra Russia e Usa che porti via via a una riscrittura degli accordi frutto di un’azione di potenze superiori alle pure e semplici istanze nazionali, proprio perché codeste istanze nazionali sono ben poca cosa in Mesopotamia, come del resto, in Africa. In quelle terre conta il conflitto tra sciiti e sunniti e l’unico modo di conquistare la pace è ridisegnare con la spada i nuovi confini e Usa e Russia sono gli unici che possono farlo.



Il Congresso Usa tuttavia di tutto ciò non si cale e sceglie le vecchie filastrocche anti- kissingeriane che hanno distrutto un sistema di equilibrio di potenza in Medio Oriente che era durato circa un secolo. La fissazione ideologica, il fanatismo dell’umanitarismo radical-chic ha vinto. E guardate ciò che capita in Libia: la grammatica secolare della diplomazia imporrebbe che le tribù libiche si stabilizzassero, nella loro ferocia pre-civilizzazione, solo attraverso e grazie il concorso degli attori sovranazionali che con codeste tribù sono storicamente entrate in confronto e che possono ora portarle alla stabilità. Ebbene, la Francia si comporta come un ubriaco accecato da un neo-gaullismo da esaltati: oltraggia l’Italia in ogni modo, ne calpesta i diritti giuridici internazionali e civilistici consolidati in economia, non coordina nessun’azione connessa sul piano diplomatico, scaraventa contro l’Italia il rapporto consolidato che essa ha con l’Egitto e l’Arabia Saudita, per cacciare l’Italia e le sue imprese fuori dalla Libia.



È un comportamento profondamente irrazionale, contrario agli stessi interessi di lungo periodo della Francia in Medio Oriente, ma ciò nonostante il soldatino massonico di rito scozzese, caricato a molla, il giovane Macron, lo persegue, provocando dimissioni tra gli stati maggiori e turbolenze diplomatiche europee, in primis nei confronti di una Germania che in questo modo è sempre più spinta a un protagonismo militare anche in Africa, e forse, Dio ce ne scampi, in Ucraina e nei paesi baltici.

Anche qui la fa da padrona l’ideologia, la fissazione ideologica che contrasta con qualsivoglia interesse economico, fondato sulla stabilità e sulla certezza. È una malattia universale, peggio dell’ebola, che ha attecchito anche in Estremo Oriente , dove la casta militar-dispotica nordcoreana si ribella al dominio cinese e minaccia con armi nucleari non solo la Sud Corea, ma anche il Giappone e gli stessi Usa con una crisi militar-diplomatica ben peggiore di quella di Cuba del 1962. Infatti, oggi, nonostante la conclamata globalizzazione, nulla si sa della dittatura coreana del Nord, e si deve agire in un universo di protagonisti che non si conoscono, non si sono mai parlati, non hanno mai esercitato le diplomazie del ping-pong o del cauto avvicinamento. Guai se in questa situazione, come ha affermato pericolosamente un coraggioso professore – Johnson Lee di Harvard, che non teme l’ostracismo dei radical-chic (tipo ciò che si racconta drammaticamente ne “La macchia umana” di Philip Roth, grande romanzo che fa capire la follia che va dai Clinton al figlio del Professor Pisapia – si dismettesse la pratica del confronto, del compromesso, della mediazione e si giungesse al conflitto armato, come vorrebbe la follia isterica dell’intervento cosiddetto umanitario à la Blair e à la Clinton.

Tutto il mondo è in preda al dominio non degli interessi imperialistici, di benemerita memoria, descritti da Hobson, Lenin, Rosa Luxemburg, Schumpeter, ma dei mantra dei profeti degli inconoscibili diritti umani, che non si sa cosa siano se non un velo per convalidare la pazzia delle nuove elite del potere del capitalismo finanziarizzato.

Anche il Mediterraneo ribolle di codesta follia: la Libia, come ha ben capito ciò che rimane della civilizzazione italica, ossia i nostri intelligence services e il nostro ministro Minniti, si stabilizza solo se si fanno dei compromessi con la natura primigenia del potere corporato di quel plesso geografico, ossia le tribù. Ma in Francia, in Usa, e in UK, nessuno ha letto più il libro seminale di Peter, The Beduin of the Cirenaica, o se lo ha letto, lo ha dimenticato.

Insomma, nulla sta in un contesto equilibrato e connesso attraverso interessi riconosciuti come realistici, determinati dalla ricerca della pace e dell’assenza di conflitto accettando la diversità e l’eterogeneità (e non esportando, invece, la democrazia con le armi). Il pensiero dominate è quello dell’omofilia e dell’omologazione proprio mentre il mondo si fa invece sempre più diverso e diversificato. E un mondo siffatto ha bisogno di una o più leadership internazionali stabili, realistiche, ottocentesche mi vien da dire, ossia in qualche modo simili a quelle che dopo il Congresso di Vienna ricercarono l’entente cordiale che resse l’ Europa – ossia il mondo di allora – per quasi un secolo.

Erano stati e uomini che erano consapevoli di dover interpretare la storia universale e non il loro ombelico: formati da grandi scuole e dal rispetto della tradizione. Tutto ciò che manca oggi nel mondo e che lo sta portando alla rovina.