Terza Guerra Mondiale? Per Andrew Spannaus, esperto di geopolitica e profondo conoscitore di Donald Trump su cui ha scritto il libro che ne ha pronosticato la vittoria, il tanto paventato scontro e la guerra nucleare con la Corea del Nord “è solo un sideshow”, uno spettacolo secondario rispetto alla vera guerra che si sta delineando, quella tra Cina e Stati Uniti. Una guerra economica ovviamente, ma i cui effetti, spiega ancora Spannaus, potranno ribaltare lo scenario mondiale: “Steve Bannon, poco prima di essere costretto a lasciare il suo posto alla Casa Bianca lo aveva detto chiaramente: fra vent’anni o saremo noi o saranno loro, intendendo che a dominare la scena mondiale potrà essere la Cina”. Che cosa significa questo scenario ce lo spiega in questa intervista.



Spannaus, alla fine, come sempre in questi casi, le tanto ostentate sanzioni richieste dagli Usa, “le più dure di sempre” (Nikki Haley) contro la Corea del Nord hanno partorito il solito topolino. E’ così? Che peso avranno?

Quello di sempre, far vedere al mondo che si fa qualcosa, la continuazione di un metodo che si è visto non funzionare.



Questo per via di Pechino e Mosca che hanno chiesto di ridurne la portata?

La Cina non vede l’utilità delle sanzioni, la Russia ha sì criticato i test di Pyongyang, ma anche l’atteggiamento di Trump, considerato troppo minaccioso. Ma soprattutto, tutti sappiamo che a lungo termine le sanzioni non funzionano mai, danneggiano la popolazione mentre chi comanda non ne ha danno alcuno. In Corea del Nord soprattutto non c’è un partito di opposizione che possa criticare le decisioni del governo, ma un regime che si affida alla minaccia esterna e quindi alla propria capacità di difendere il paese per farsi forte. Quando gli Usa mettono pressione, per Pyongyang questo prova la giustezza di andare avanti con i test militari.



Che farà adesso Trump? Aspetterà una reazione militare della Corea per intervenire?

Ormai la Corea ha missili e testate atomiche. L’obbiettivo di Kim Jong-un più o meno è stato raggiunto, i suoi esperti devono solo migliorare la tecnologia, ma il deterrente sono vicini ad averlo. Hanno provocato il mondo lanciando un missile sopra il Giappone e hanno visto che nessuno è intervenuto. Le minacce di Trump in realtà servono alla Nord Corea come conferma della direzione intrapresa.

Quindi?

Considerando che una guerra nucleare non la vuole ovviamente nessuno, la strada è sempre quella del dialogo diplomatico. Il che non vuol dire concedere a Kim Jong-un tutto quello che vuole, ad esempio il ritiro delle truppe americane dalla Corea del Sud, ma ad esempio fermare le esercitazioni militari congiunte. Su questo ci si potrebbe mettere d’accordo, credo che qualche segnale di apertura bisogna farlo, in modo da portare anche Cina e Russia a capire che gli Usa non sono interessati solo a minacce e sanzioni ma anche a trovare una strada diplomatica.

A novembre Trump sembra si recherà a Pechino a incontrare Xi Jinping. Pochi sono a conoscenza di quanto la Cina negli ultimi anni si stia espandendo economicamente in tutto il mondo, dall’Africa al Pakistan. Non è che il vero scontro, la vera terza guerra mondiale è tra Pechino e Washington?

Sono assolutamente d’accordo, una guerra economica ovviamente. La Corea del Nord è solo un sideshow, pur essendo potenzialmente pericolosa, ma il vero scontro è quello per il dominio economico mondiale.

Ce lo può riassumere? Che portata ha questo scontro, come influenzerà il mondo?

La Cina aveva già lanciato progetti infrastrutturali in varie parti del mondo negli anni 90, ma nessuno in Occidente ne ha tenuto conto. Sono progetti che hanno avuto un positivo effetto economico sulle economie di molti paesi del terzo mondo, ma stanno portando a una supremazia economica della Cina. 

Come mai non è stata data importanza all’attività di Pechino?

L’occidente ha seguito un modello finanziario che lo ha indebolito nel suo confronto con la Cina. A questo punto il dilemma è come contenere la Cina non avendo affrontato la situazione in passato. 

Trump ha una strategia per questa situazione?

La partita è aperta anche dentro l’amministrazione americana: non c’è una decisione chiara su come affrontare la questione cinese. Per Trump e i cosiddetti nazionalisti economici bisogna puntare sulla revisione degli accordi commerciali e quindi ottenere dei vantaggi per l’economia americana. Invece la fazione di Goldman Sachs, i cui uomini hanno un peso forte nell’amministrazione, è contraria a rivedere le regole della globalizzazione usate fino a oggi.

Perché?

Perché riflettono gli stessi metodi dell’establishment degli ultimi anni: fanno bene alle multinazionali e alle grandi banche. Non si riconoscono nella rivolta degli elettori americani contro la globalizzazione che ha fatto vincere Trump. Probabilmente lui pensa ancora di costringere la Cina a trattare per riguadagnare punti per la l’industria manifatturiera americana. Ma con l’indebolimento della fazione nazionalista questa strategia non è più così chiara e non sappiamo come farà a contenere la Cina.

Che scenario prevede per l’Europa in questo quadro?

Lo scontro all’interno delle istituzioni americane sulla direzione economica è importante per l’Europa. Il ruolo della Cina anche. Bisogna dire che l’Europa è riuscita a barcamenarsi davanti alla crescita cinese in molti settori. Ha subito i bassi costi del lavoro cinese e la folle politica di austerità che ha portato a un grande aumento del peso cinese, cosa che si poteva evitare con politiche di crescita economica invece che di mattanza. Ma molte imprese, le più brave nell’export, trovano nell’accresciuto stato di benessere della classe media cinese una grande opportunità. 

(Paolo Vites)