Appena liberato si è recato a Roma, dove papa Francesco lo ha accolto a Casa Santa Marta. Lui si è gettato in ginocchio e ha baciato i piedi del Santo Padre. Visibilmente commosso, Francesco lo ha aiutato ad alzarsi e gli ha baciato a sua volta una mano. Di lui ormai da tempo si dubitava fosse ancora in vita. Padre Tom Uzhunnalil, originario dell’India, ma missionario nello Yemen, fu rapito un anno e mezzo fa, nel marzo 2016, durante un sanguinario attacco di estremisti islamici alla casa di cura di cui era responsabile ad Aden, capitale dello Yemen. L’attacco fu una strage: quattro terroristi uccisero quattro suore, indiane anche loro, due membri yemeniti dello staff della clinica, una guardia di sicurezza e otto anziani ospiti della casa. Padre Tom invece venne rapito. Il gruppo di rapitori, di cui non furono mai chiare le intenzioni e la reale appartenenza, pubblicò online una immagine del sacerdote poco prima del Natale di quell’anno, in cui annunciavano che lo avrebbero crocifisso. Solo a maggio di quest’anno, quando ormai ogni speranza che fosse ancora vivo era pressoché scomparsa, venne diffuso un video in cui lo si vedeva in disastrose condizioni fisiche, ma ancora vivo.
Nel video il sacerdote chiedeva aiuto, dicendo che le sue condizioni fisiche stavano peggiorando velocemente e che aveva bisogno di essere ricoverato in un ospedale”. Poi di nuovo più niente. Adesso è invece giunta la felice notizia che padre Tom è stato liberato. Non si conosce cosa sia successo, si sa solo che il sacerdote è stato trasportato nel sultanato dell’Oman dove un portavoce del governo ha dichiarato che “come da ordine del sultano Qaboos bin Said dell’Oman e su richiesta del Vaticano di cercare di liberare un loro dipendente (padre Tom, ndr) le autorità dell’Oman insieme a quelle dello Yemen, sono state in grado di trovarlo e liberarlo”. Una positiva notizia anche il fatto della collaborazione fra il Vaticano e il sultanato islamico.