Da giorni la Russia è sotto attacco “telefonico”: da Mosca fino all’estremo oriente, città come Vladivostock, dozzine di telefonate simultanee annunciano bombe nei luoghi maggiormente frequentati dai cittadini, come le stazioni metropolitane e i centri commerciali. Due giorni fa i servizi di sicurezza hanno fatto evacuare 45mila persone in 22 città, mentre ieri sotto attacco di questo “terrorismo telefonico” è finita soprattutto Mosca: le stazioni ferroviarie più importanti della capitale, una dozzina di centri commerciali, tra cui il celebre GUM sulla Piazza Rossa, un hotel – il Kosmos – e almeno tre università. In totale oltre 10mila persone evacuate. “Questo tipo di terrorismo che non provoca vittime ha però lo stesso effetto di quello che usa le bombe: terrorizzare la cittadinanza. Inoltre è impensabile tenere impegnate le forze di sicurezza tutti i giorni”, ci ha detto il generale Carlo Jean.



Secondo lei dietro a questi attacchi telefonici c’è una strategia precisa? Ad esempio creare allarme per giorni e poi colpire veramente quando le forze di sicurezza abbassano la guardia?

Questa è una possibilità assolutamente reale anche se con i moderni mezzi tecnologici è molto facile intercettare chi ha fatto le telefonate e risalire dunque agli autori.



Pare che molte di queste chiamate simultanee siano state effettuate dall’Ucraina. 

Questo è possibilissimo, tenendo conto che Ucraina, Georgia e Estonia ultimamente sono state fatte oggetto di “info war” da parte degli hacker russi. Può essere che adesso si voglia restituire per così dire “pan per focaccia”.

E’ un dato di fatto che si mette paura nella gente, tanto più che città come Mosca hanno già subito pesanti attentati.

Sono allarmi che possono causare paura e tensione e raggiungono attraverso mezzi non violenti lo stesso risultato delle bombe perché limitano fortemente la libertà dei cittadini.



Chi può esserci veramente dietro a questa strategia?

Non va dimenticato che la Russia nei confronti dell’islam ha una posizione molto delicata. I musulmani russi sono circa il 18 per cento della popolazione della federazione e sono di fede sunnita. Dopo il crollo dell’Urss, l’Arabia Saudita ha mandato negli stati islamici molti imam. Nel Caucaso, in Cecenia ma non solo, ci sono sempre state tensioni con la popolazione. Infine l’intervento della Russia in Siria a favore di una setta sciita non ha creato condizioni di tranquillità e di rapporti amichevoli con questa minoranza piuttosto consistente.

Una strategia che poi tiene in scacco ogni giorno le forze di sicurezza: è impensabile tenerle impegnate 24 ore su 24 sette giorni su sette. 

E’ un impegno notevole, ma anche per i cittadini. Uno degli obbiettivi prioritari del terrorismo a Mosca e anche San Pietroburgo è la metropolitana. Se c’è un allarme terroristico la metro viene bloccata immediatamente e i cittadini subiscono danni notevoli.

In Russia negli ultimi mesi si è formato un movimento pacifico anti-Putin molto consistente. Che clima si respira in Russia oggi?

Putin è vulnerabile sul dossier economico: si stima che all’estero possieda un capitale di 40 milioni di dollari. La corruzione è molto forte, in Russia è tradizionalmente sempre stata molto forte, ma ultimamente sembra stia crescendo. Questo scenario unito alle sanzioni occidentali e alla diminuzione del prezzo del petrolio e del gas sta creando problemi economici nelle campagne e nelle città di provincia, creando un clima di scontento, ma la popolarità di Putin in Russia è sempre molto alta.

Come si vivono in Russia le tensioni con la Corea del Nord? Influiscono in qualche modo?

No, assolutamente, non influiscono anche perché Putin ha adottato l’unica delle poche posizioni razionali al riguardo. La popolazione non avverte una tensione particolare, forse nelle province marittime orientali, come a Vladivostock, che confinano con la Corea del nord, ma a Mosca sicuramente no.