TERZA GUERRA MONDIALE. Dalla sua visita in Arabia Saudita Donald Trump si era portato a casa un bell’accordo economico del valore di alcuni milioni di dollari, mentre tutti sanno che Israele non ha mai gradito l’accordo sul nucleare fatto da Obama con Teheran. Non ci sarebbe da stupirsi se questi due paesi fossero dietro la paventata rottura degli accordi con l’Iran che, con una frase sibillina (ma neanche tanto) Trump minaccia di portare a compimento: “Ho deciso cosa fare ma per adesso non lo dico”. Secondo Fausto Biloslavo, per quanto l’Iran non sia certo una sicurezza totale per l’occidente, “aprire un nuovo fronte dopo quello già in atto con la Corea del Nord sarebbe pura follia”, aggiungendo che “se l’Iran sta assumendo una posizione dominante nello scenario medio orientale, la colpa è solo dei paesi occidentali, Stati Uniti in testa, che hanno completamente fallito da ogni punto di vista per quanto riguarda Isis e Siria”.



Trump dice che ha deciso cosa fare del trattato nucleare con l’Iran ma non dice cosa. Tu che cosa pensi?

Penso che sia meglio che Trump non dica niente. Seriamente, è una bella domanda. Io spero tanto che non voglia rompere il trattato. In questo momento storico andare ad aprire un altro fronte dopo quello con la Corea del Nord anche con l’Iran, che di fatto è il paese che sta sconfiggendo l’Isis, dunque una sorta di alleato, sarebbe follia pura. Di fatto gli Usa hanno allontanato lo spettro della bomba H iraniana grazie a questo accordo.



Sappiamo che Arabia Saudita e Israele sono i migliori alleati degli Usa in Medio Oriente, e che entrambi sono nemici mortali dell’Iran. Che ci siano loro dietro la paventata minaccia di rompere gli accordi?

E’ assolutamente possibile che sia così. Non è un caso che Netanyahu abbia definito il discorso di Trump, quando ha parlato dell’Iran come di uno “stato canaglia”, il miglior discorso di un presidente all’Onu da trent’anni, così come non è un caso che i sauditi abbiano accolto Trump con sollievo dopo il periodo Obama. Israele e Arabia sono nemici giurati dell’Iran, ma in questo momento se dobbiamo scegliere il meno peggio, meglio gli sciiti che i sunniti. Certo si potevano non fare certi errori del passato, ma adesso la situazione è questa. Andare ad aprire un fronte con l’Iran è una mossa quantomeno azzardata se non suicida.



Macron ha detto che uscire dal trattato sarebbe un errore, ma è comunque necessario rivederne diversi punti. Che cosa significa?

Tutto si può rinegoziare ma non bisogna tirare la corda fino a spezzarla. Onestamente penso che in questo momento gli iraniani hanno ben altri progetti, pensano all’Iraq e alla Siria, combattono i sauditi nello Yemen, si sono alleati con il Qatar, insomma si battono per l’egemonia regionale. A differenza di quel che dice Macron, noi europei per primi dovremmo desiderare stabilità in quella regione.

In che senso?

Dobbiamo preoccuparci dell’aspetto economico e commerciale, gli iraniani non saranno educande, ma non si capisce il bisogno di andare a complicare una situazione magari non perfetta, ma che potrebbe diventare disastrosa.

Sembra che invece si sia preoccupati dell’espansionismo iraniano.

Ma questo espansionismo è colpa nostra. E’ colpa del vuoto di potere e di follia che abbiamo contribuito a creare prima sostenendo le primavere arabe, poi andando contro Assad. Abbiamo lasciato spazio al sorgere di uno stato fondamentalista, l’Isis. Qualcuno doveva occuparsi di tutto questo e lo stanno facendo gli iraniani. Ricordiamo che Mosul è stata liberata grazie alle forze irachene che sono filoiraniane e che le bandiere nere  stanno scomparendo grazie a russi e iraniani. Questa è la real politik.

Insomma, ancora una volta la politica occidentale ha fallito.

Abbiamo abdicato a un disegno, a una visione geopolitica a lungo termine, abbiamo cominciato a intervenire quando lo stato islamico aveva conquistato mezzo medio oriente, abbiamo lasciato che la Turchia aprisse i confini all’Isis. Non vogliamo metterci mano? Allora cerchiamo di sfruttare il più possibile quello che fanno gli iraniani che stanno facendo il lavoro sporco al posto nostro.

(Paolo Vites)