RISULTATI ELEZIONI GERMANIA. La difficile vittoria di Angela Merkel nel voto tedesco ha più punti in comune di quanto sembri con l’altrettanto accidentata affermazione di Emmanuel Macron, prima alle presidenziali e poi alle parlamentari francesi. E’ vero che il nuovo inquilino dell’Eliseo è stato un candidato inventato, capace di riscuotere al primo turno il favore di meno di un quarto degli elettori francesi: mentre super-Merkel è entrata ieri sera nella storia centrando il quarto mandato alla cancelleria di Berlino. E’ vero che Macron ha probabilmente inflitto all’estremismo lepenista una sconfitta strategica, mentre il leader di Cdu-Csu ha visto materalizzarsi dal nulla sul lato destro un AfD terzo partito. Sia l’ascesa di Macron sia la resistenza di Merkel, purtuttavia, hanno poggiato su un europeismo esplicito: sull’affermazione che la riforma dell’Unione Europea è una priorità non solo ideale, ma polititico-istituzionale. Il futuro della Francia e della Germania – dall’economia, alla sicurezza, alle pressioni migratorie – passa attraverso il rilancio dell’Europa. I voti – certamente non plebiscitari – di Francia e Germania hanno premiato questa direttrice di governo, che da oggi apre sull’asse Parigi-Berlino il cantiere di ridisegno dei trattati di Maastricht: i cui sviluppi ed esiti influenzeranno in profondità anche il futuro italiano.
Un secondo momento di contatto fra Macron e Merkel, all’indomani del voto tedesco, è che anche in Germania la gestione di questa fase di straordinaria amministrazione sarà in carico a un governo centrista. In Francia En Marche! ha assorbito voti da una sinistra in crisi storica e allo stesso tempo ha tenuto in scacco i gollisti, per poi inglobarli in un nuovo centro che mescola moderatismo e riformismo. In Germania la Cdu-Csu avrà come probabilissimo partner di governo lo Fdp liberale.
Un passaggio a due facce. Da un lato Merkel-4, salvo colpi di scena, dovrà rinunciare alla Grande Coalizione con l’Spd e formare per la prima volta una maggioranza con i liberali (e probabilmente anche con i Verdi). Dall’altro lato l’Fdp di Hans-Dieter Genscher è stato il trentennale “secondo partito di governo” nella Grande Germania approdata alla riunificazione e poi all’euro. I liberali sono stati gli alleati prima dei socialdemocratici Willy Brandt ed Helmut Schmidt poi del democristiano Helmut Kohl. Se ieri sera molti commentatori insistevano sulla “normalizzazione” politica tedesca in chiave di emersione delle forze populiste e xenofobe, è vero che una coalizione fra Cdu-Csu e Fdp rappresenta una “normalità” con una forza storica molto maggiore. Può sembrare una curiosità da esperti, ma il punto di partenza del cammino verso i Trattati di Maastricht va cercato nel piano italo-tedesco (Genscher-Colombo) maturato nei primi anni 80, quando Fdp iniziò a sostenere al governo la Cdu-Csu.
Questo annotato, non è facile capire quanto il risultato elettorale in Germania consentirà un avvìo rapido e deciso del tavolo Ue. Da un lato le trattative per la formazione del governo non saranno brevi e dalle urne è uscito un Paese politicamente cambiato, in transizione. Dall’altro lato è però lecito immaginare che una Merkel oggettivamente indebolita nelle cifre in casa, possa cercare proprio in un rilancio europeo (o più ampiamente geopolitico) il carburante della sua leadership. Quello che inizia oggi è verosimilmente il suo ultimo mandato, “per la storia”. Per paradosso potrebbe anche concludersi prima della fine della legislatura quadriennale: ma difficilmente la cancelliera non porterà a termine la risistemazione europea post-Brexit, post-crisi finanziaria globale, post-Trump eccetera.
Ancora, la Germania (dopo il referendum inglese e il voto francese) pare confermare che la tradizione socialdemocratica europea è in questo momento meno efficace delle culture politiche moderate (cristiano-democratica o liberal-democratica) nel competere con le forze anti-sistema (in quanto tali anti-europee). E’ un’evidenza ancora tutta da verificare in chiave di scelte concrete di politica economica e sociale. La Germania rigorista – in fondo – aveva i socialdemocratici a bordo del governo che parlava per bocca del falco Wolfgang Schauble. E la Francia del socialista vecchia maniera François Hollande, poco o nulla è riuscita a fare per disincagliare la Ue dai suoi stalli: fra Nord e Sud, fra tecnocrazia di Bruxelles e democrazie-Paese. Ora in entrambi le grandi capitali europee saranno prevedibilmente al lavoro due “piccole coalizioni centriste”: anche se a Parigi il macronismo è ancora tutto da scoprire/inventare, mentre a Berlino il merkelismo è ultra-sperimentato. In Europa il nuovo Grande Gioco riserverà prevedibilmente partite emozionanti e forse sorprendenti. Vedremo a quali e come l’Italia saprà partecipare.