Mentre emergono le prove che i social network (soprattutto Twitter per via degli scarsi controlli) hanno di fatto accettato pubblicità a pagamento e pubblicato fake news non solo a favore di Trump ma anche degli altri candidati alle presidenziali, sembra allontanarsi lo spettro dell’impeachment per il presidente americano. Se fino a pochi mesi fa sembrava quasi inevitabile arrivare a quel punto, oggi, spiega il giornalista americano Andrew Spannaus, fondatore e direttore di transatlantico.info, “l’incapacità di Trump di tener fede alle promesse elettorali, soprattutto quella di difendere le classi medio-bassa e media contro quel sistema politico e finanziario che le aveva dimenticate, lo ha reso meno pericoloso per l’establishment che lo combatte”.
Sono emersi nuovi particolari inediti sul ruolo dei social network durante le elezioni presidenziali, che fanno cadere molte delle accuse rivolte fino a ieri a Donald Trump. Cambierà qualcosa nella campagna mediatica contro il presidente americano?
Si sta aprendo un forte dibattito politico. Zuckerberg ha di fatto ammesso che le fake news e le pubblicità a pagamento ci sono state un po’ per tutti, non solo a favore di Trump. Queste rivelazioni dovrebbero togliere ogni dubbio che Trump non sia stato eletto in modo legittimo come sostenuto fino a oggi. Questo senza negare che ci siano stati sicuramente dei russi che lo hanno preferito e aiutato in qualche modo.
Questo significherebbe che è vero quanto disse lo stesso Zuckerberg all’indomani delle elezioni, cioè che è folle pensare che Facebook abbia cambiato l’esito del voto?
Le prove che Facebook abbia cambiato l’esito del voto sono molto deboli se non inesistenti. Ma anche là dove ci fossero delle prove, che cosa ci dicono? Che la propaganda a favore del movimento Black Life Matters abbia danneggiato la Clinton? Non credo. Le accuse contro gli hacker russi che avrebbero svelato che la Clinton era legata a Goldman Sachs avrebbero influenzato il voto? Non è possibile provarlo e neanche sostenerlo: nessuno aveva bisogno degli hacker russi per qualcosa di cui tutti erano a conoscenza.
Un teorema molto debole su cui si è montata una campagna mediatica contro Trump di enormi proporzioni.
Sì, e soprattutto non siamo ai voti rubati ma a cercare di influenzare la discussione politica. Nulla di illegittimo.
D’altorocanto prima che ci fossero i social network bastava un paginone sul Washington Post per influenzare la discussione politica.
Ricordiamoci che il governo americano, questa cosa di influenzare il voto nei paesi stranieri, la fa da decenni spendendo miliardi di dollari dei contribuenti. Per cui siamo davanti a un’ipocrisia interessata.
Interessata a cosa? Cosa ci dice quanto sta succedendo nel mondo politico e dei media in America?
Ci dice che quello che dà fastidio è che è diventato più difficile controllare l’opinione pubblica. Queste elezioni hanno dimostrato che i candidati outsider, Sanders e Trump, sono riusciti ad andare molto bene tutti e due senza l’appoggio dei rispettivi partiti. Questa cosa fa paura. Significa che non bastano più il Washington Post, il New York Times e la Cnn per controllare l’opinione pubblica.
Il tema impeachment è ancora in piedi?
C’è meno interesse di prima, anche se può tornare in qualsiasi momento. Ma bisogna guardare alle circostanze politiche.
Cioè?
Il tentativo di impeachment è meno probabile oggi perché Trump si è dimostrato meno efficace di quello che si temeva. Questo per due motivi. Il primo è di ordine economico. Le fasce media e medio-bassa avevano visto in lui qualcuno che dichiarava che il sistema politico e finanziario li aveva ignorati. Ma Trump di fatto non sta facendo nulla di concreto per loro. L’unica cosa è la promessa di abbassare le tasse, nel resto non ha preso alcuna iniziativa forte: quel nazionalismo economico che aveva sbandierato, il controllo del commercio con l’estero, la promozione della manifattura americana. Non è ancora riuscito a fare nulla di ciò.
Il secondo motivo?
La politica estera. Si è messo contro il suo partito criticando i regimi di paesi stranieri e la necessità che questi regimi cadano. La cooperazione con la Russia va avanti, ma ben dietro le quinte, per il resto ha adottato il linguaggio neocon. Quello che l’establishment temeva da lui era la possibilità di un cambiamento globale in politica estera che invece non c’è stato.