C’è sicuramente un piano di coordinamento a livello europeo, frutto dello scorso vertice di Parigi, per riaprire il dialogo con Haftar, ma va riconosciuto a Minniti il merito di aver lavorato per anni per riportare l’Italia al ruolo leader che le spetta con la Libia. Così dice Gian Micalessin in questa intervista a ilsussidiario.net. Tutto questo mentre Gino Strada dà dello sbirro proprio a Minniti accusandolo di ributtare in mare donne e bambini. Secondo Micalessin “Minniti è invece l’uomo che ha dimostrato che non era vero che la Libia fosse un condotto che non si poteva chiudere, ponendo fine al concetto secondo cui bisognava accogliere tutti, portando alla situazione che ben conosciamo”.
L’incontro di Minniti con Haftar è frutto della riapertura delle relazioni diplomatiche con l’Egitto?
E’ un incontro che va inserito nel contesto di altre visite analoghe fatte ad Haftar in questi ultimi giorni. Prima di Minniti infatti erano andati da lui il ministro degli Esteri inglese e quello francese. C’è presumibilmente una azione concertata a livello europeo che punta al reinserimento politico di Haftar nel contesto internazionale.
Haftar però era l’uomo che fino a qualche settimana fa minacciava di prendere a cannonate le nostre navi se si fossero avvicinate alla Libia. Per il nostro paese è una svolta significativa.
Significativa ma indispensabile. Haftar fino a oggi è stato trascurato ma ci sono ottime ragioni per dialogare con lui. In primis controlla gran parte della Cirenaica ma anche in Tripolitania ci sono tantissime persone che guardano a lui come il vero nemico degli islamisti. Ricordiamo che nelle due tornate elettorali dopo il 2011 i libici avevano votato contro i fondmentalisti. Questo disgelo va visto nell’ottica di un accordo politico tra Haftar e Tripoli che permetta di arrivare a elezioni unitarie nazionali. In Tripolitania la gente è stufa delle milizie islamiste e degli abusi perpetrati.
Ci ha detto di un piano concordato a livello europeo. E’ frutto del recente vertice di Parigi?
Sicuramente, ci si sta muovendo in questa ottica. Un vertice che ha avuto il pregio soprattutto di fermare la pretesa egemonica che avevano i francesi, rimettendo in primo piano il ruolo dell’Italia. Non dimentichiamoci che una delle mosse di Minniti è stata quella di arrivare a un accordo per il controllo delle frontiere con il Ciad. Una intesa con Haftar è indispensabile, molte fazioni legate a lui sono attive lungo le frontiere del sud della Libia, frontiere che sono la vera porta dell’immigrazione verso l’Europa.
Perché invece di Minniti non è andato il nostro ministro degli Esteri Alfano, come vorrebbe la logica politica?
Minniti ha in mano la situazione libica sin da quando era sottosegretario. Ha condotto tutte le questioni libiche sin dal 2015. E’ lui l’uomo che conosce i personaggi e che ha i rapporti diretti con quei servizi segreti che hanno trattato con Haftar ed è l’unico con un quadro chiaro della situazione libica.
In queste ore però Gino Strada lo ha definito uno “sbirro che ributta in mare donne e bambini riconsegnandoli ai torturatori libici”. Accuse ingiustificate?
Direi proprio di sì. E’ fra i pochi ministri che ha svolto un ruolo positivo sia sul fronte della sicurezza interna ma soprattutto sui nodi caldi dell’immigrazione. La Libia non è un condotto a perdere, ma un condotto che si poteva chiudere mettendo fine a quel concetto che bisogna accogliere a tutti i costi invece di cercare di bloccare l’immigrazione.
Pensa che il dialogo con Haftar porterà finalmente a quegli hot spot che metterebbero fine allo sfruttamento degli immigrati in Libia?
Il problema di fondo è la presenza dell’Onu, che tende a non operare in Libia perché la Libia non ha mai firmato la convenzione di Ginevra sui migranti. Sono le stesse Nazioni Unite a dichiararsi indisponibili a intervenire in Libia, ma a questo punto dovranno cambiare linea perché l’apertura degli hotspot possa mettere fine alla tragedia dei migranti in Libia.