Non si ferma l’iter di Barcellona per il referendum di autodeterminazione indetto per il primo ottobre. Il voto è stato dichiarato “illegale” da Madrid, ma la Catalogna ha rilanciato la sfida, acuendo quella che può essere considerata la crisi istituzionale più grave dalla morte del dittatore Francisco Franco nel 1975. Ieri la Corte costituzionale spagnola, su richiesta del governo centrale, aveva sospeso il decreto di convocazione del referendum sulla secessione con un provvedimento d’urgenza. La Consulta aveva anche intimato i sindaci catalani che dovranno fornire i seggi a non partecipare alla consultazione, ma nella notte il parlamento catalano ha approvato nella notte la legge per il distacco dalla Spagna, che entrerà in vigore se il “sì” vincerà al referendum. Il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid continua: le pressioni di Madrid e Rajoy non frenano il governo catalano. Così nella notte è arrivata l’approvazione a maggioranza assoluta della cosiddetta legge di “rottura”. Solo gli unionisti della minoranza non hanno partecipato al voto.



CONSULTA SOSPENDE VOTO, BARCELLONA RILANCIA

La Consulta spagnola aveva avvisato personalmente presidente e ministri catalani, la presidenza del parlamento di Barcellona, diversi alti funzionari e i 947 sindaci catalani di non partecipare all’organizzazione del referendum, pena sanzioni penali. Intanto il procuratore generale dello Stato, José Manuel Maza, ha denunciato Puigdemont, i ministri catalani e la presidenza del parlamento per disobbedienza, abuso di potere e malversazione di denaro pubblico: ora rischiano il carcere. Furioso Rajoy, che ha mobilitato la macchina dello Stato. Il referendum per l’indipendenza catalana era stato dichiarato fuorilegge già da altre sentenze della Consulta. La costituzione del 1979 dichiara indivisibile lo Stato spagnolo. La polizia sta indagando su ogni azione «volta alla tenuta del referendum illegale». Ci sono state già perquisizioni in tipografie sospettate di produrre materiale per il voto, mentre la Guardia civil spagnola ha rafforzato la propria presenza in Catalogna. L’obiettivo è trovare e sequestrare le seimila urne che Puigdemont ha detto di avere già. 

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