Dicono che la sofferenza che sopportano sia inenarrabile e che i lamenti per il dolore patito siano inascoltabili. Non stiamo parlando di esseri umani fortunatamente, ma di crostacei, in particolare le aragoste. Si sa che da sempre questo animale dalle carni prelibate (e assai costose) viene cucinato in un modo che sarebbe vietatissimo per qualunque altro: gettate ancora vive nell’acqua bollente. E’ ovvio che il dolore sia fortissimo, ma fino a oggi non si è mai riusciti a dimostrare che le aragoste e anche i granchi percepiscano veramente la “scottatura” e che anche i versi che si sentono mentre sono nell’acqua siano una sorta di automatismo provocato da scariche nervose, non urla di sofferenza insomma. Questo per via del guscio durissimo che le ricopre, ma il fatto che comunque nell’acqua bollente ci muoiano dovrebbe insinuare qualche dubbio. Il dibattito è aperto, ma da tempo molti chef usano “tattiche” particolari per evitare comunque una possibile sofferenza: alcuni cuochi consigliano di mettere l’invertebrato nel freezer per un’oretta, mentre altri preferiscono un colpo secco con un coltello dietro gli occhi.



Sono disponibili sul mercato strumenti appositi pubblicizzati come l’unico modo per uccidere il crostaceo senza dolore. Il fatto è che la carne dei crostacei deve essere freschissima, non si può conservare l’animale morto e poi servirlo, almeno così dicono gli chef: quello surgelato che si trova nei supermercati è imparagonabile come sapore. A scanso di equivoci  i sempre precisi svizzeri hanno appena varato una legge apposita che vieta d’ora in avanti la cottura dei crostacei vivi nell’acqua bollente. Dal primo marzo di quest’anno si potranno cucinare solo dopo aver “distrutto” il cervello oppure usando l’elettroshock, per rendere il cervello insensibile. Metodi comunque inquietanti. In realtà anche in Italia esistono norme di legge per evitare la sofferenza: è prevista infatti una multa  di 5mila euro per chi conserva le aragoste nel ghiaccio, perché soffrirebbero. Invece possono soffrire buttandole vive nell’acqua bollente perché “consuetudine sociale”: norme tipicamente italiane che fanno ridere. 

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