Le notizie non sono per niente positive e non solo per i rischi devastanti a livello ambientale: «non ci sono speranze per i 19 marinai dispersi, mentre altre tre corpi sono stati recuperati», avverte il governo dell’Iran mestamente. La collisione con il mercantile cinese è stata fortissima e ancor adesso non si sanno le cause di questa tragedia: «due terzi del contenuto della petroliera sono in mare», ha fatto sapere un portavoce della squadra di soccorso arrivata da Shanghai, oltre ai giornalisti che hanno avuto la possibilità di sorvolare la zona e che hanno raccontato come una chiazza di greggio si estende in mare per una decina di chilometri a vista. Allarmi ambientali continui oltre alla tragedia umana dei 32 marinai a bordo (30 iraniani e 2 bengalesi) che rischiano a questo punto di essere tutti stati inglobati dall’esplosione a bordo e dal conseguente inghiottimento della petroliera sul fondo del mare. (agg. di Niccolò Magnani)
RISCHIO DEVASTANTE PER L’AMBIENTE
È affondata la petroliera che lo scorso 6 gennaio si era scontrata con un mercantile a circa 300 chilometri a est di Shanghai. Ora si teme un disastro ambientale di grandi dimensioni in Cina, perché la nave trasportava oltre 130mila tonnellate di idrocarburi leggeri. A bordo del tanker Sanchi, dove si è verificata un’esplosione dopo l’impatto, c’erano 32 membri dell’equipaggio, di cui trenta iraniani e due bengalesi. Sono tre i corpi recuperati finora, i restanti marinai invece risultano ancora dispersi. Tredici le navi che stanno partecipando alle operazioni di soccorso, al recupero degli idrocarburi e al contrasto delle fiamme. Tra esse ve ne sono cinesi, mentre due sono giapponesi e una sudcoreana. I soccorritori che sono saliti sulla petroliera non sono però riusciti ad accedere nelle parti comuni, perché le temperature sono superiori agli 89 gradi centigradi. Le autorità cinesi comunque hanno recuperato la scatola nera: lo ha fatto sapere il ministero dei Trasporti di Pechino.
AFFONDA PETROLIERA CHE SI ERA SCONTRATA CON MERCANTILE
La petroliera, battente bandiera panamense e appartenente alla National Iran Tanker Company, continua a bruciare. Il video che vi riportiamo in foto mostra l’enorme colonna di fumo, prodotta dalla combustione di 136mila tonnellate di petrolio ultraleggero. Secondo un giornalista della tv cinese Cctv, che a bordo di un aereo ha sorvolato la zona, gli idrocarburi si sono allargati su una zona di circa 10 chilometri quadrati. Inoltre, ha affermato che «la marea nera è molto grave». La tv ha fatto però riferimento anche alle dichiarazioni di Zhang Yong, un ingegnere dell’amministrazione pubblica che ha invece minimizzato sul rischio di un disastro ambientale. L’esperto sostiene che questi idrocarburi sono molto «volatili, quindi la maggior parte di essi si è dispersa nell’atmosfera, causando meno conseguenze per l’oceano». L’impatto per le persone «dovrebbe essere minimo» perché «siamo in pieno mare, molto lontano dalle zone abitate, quindi l’impatto per le persone». Nessun riferimento invece alle conseguenze per l’ambiente marino.