Sullo schermo dell’auditorium principale del New York Encounter 2018, gremito, scorrono i disegni degli interni della vertiginosa Torre di Gesù, destinata a completare la Sagrada Familia di Barcellona. Come sarà, com’è già “perché oggi è lo ieri di domani”, dice Etsuro Sotoo, lo scultore giapponese che da quarant’anni lavora su “quella grande montagna di pietra”. “Sono ormai il più anziano della compagnia”, racconta in catalano, convertito al cattolicesimo lavorando sui pinnacoli della Sagrada. Arrivato da Kyoto “poco interessato da Gaudí”, ma subito affascinato da quella miscela unica di pietra e di spirito, da quel cantiere contemporaneo eppure senza tempo. Tanto che — dopo un periodo di insegnamento universitario — comincia a lavorare da semplice scalpellino. Quasi gratis: i visitatori non erano molti, le entrate della Sagrada erano limitate.



Oggi Etsuro è conosciuto come “il Gaudí giapponese” e per questo la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore gli ha affidato poco tempo fa la costruzione di un ambone, dal quale ha predicato anche Papa Francesco. “Mi hanno scelto al termine di un concorso, come ai tempi di Brunelleschi”: lo scultore nipponico prende volentieri in giro se stesso, non i grandi maestri del Rinascimento e soprattutto la memoria viva che tiene assieme l’arte, “frutto del cuore dell’uomo, del suo desiderio di bellezza”. 



L’invito del NYE a Sotoo è partito prima delle ultime turbolenze politiche a Barcellona, ma se c’era un testimone da coinvolgere nel confronto su An “Impossibile” Unity — il tema di quest’anno al Metropolitan Pavillon di Manhattan — era certamente lui: protagonista del “secondo rinascimento” della Sagrada. La consacrazione da parte di Papa Benedetto è puntigliosamente ricordata da parte dello scrittore John Waters: “La bellezza è unità, e Dio è unità e bellezza”. Nei trent’anni precedenti a quel giorno del 2010 e da allora, Etsuro ha lavorato quasi in ogni angolo della basilica. Mostra un’immagine in bianco e nero in cui si distingue a malapena una minuscola figura umana, solitaria, a decine di metri da terra: “All’epoca ero senza attrezzature di sicurezza, bisognava avere fede e speranza per scalpellare sulla Sagrada”.



All’inizio lavora sulla facciata della Natività, seguendo le istruzioni lasciate da Gaudí: le figure degli angeli musicisti e i bambini cantanti, così come i cesti di frutta che coronano i pinnacoli. Le foto corrono veloci ed Etsuro ne parla con serietà lieve: “Ho colorato la frutta perché è così quando è fresca e matura, come dovrebbe essere un’anima quando arriva in Paradiso. Lo sapete che da quando c’è la frutta colorata sono aumentati i piccoli visitatori alla Sagrada?”. Ha restaurato le sculture della porta del Rosario, danneggiate durante la Guerra Civile: “Il rosario è a nove grani, sul modello di quello che prediligeva Gaudí, secondo un’antica tradizione spagnola”. Ha anche progettato le porte che sono state installate sulla facciata della Natività di alluminio policromo e vetro decorato, con piante, insetti e piccoli animali. La natura come riferimento infallibile di creazione viva, di unità e bellezza.

“Quando con gli altri artisti al lavoro alla Sagrada ho cominciato a inventare, oltre le istruzioni lasciate di Gaudí, ho trovato la via d’uscita in un pensiero: non era Gaudí che stava guardando me, ma io che cercavo quello che lui aveva sempre cercato. Lui ha voluto fortemente dare una casa grande, solida e bella alla Sacra Famiglia, a quella famiglia in fuga. La speranza nasce dal coraggio: anche nell’arte. Ma la speranza coraggiosa di San Giuseppe è stato quella di mettere in salvo una sola vita, quella di un neonato destinato a salvare tutti gli uomini”.