38 lunghissimi minuti di panico alle Isole Hawaii per un falso allarme di un missile balistico in arrivo dalla Corea del Nord per distruggere, in una novella “Pearl Harbour”, le isole di proprietà degli Usa. Ecco appunto, un falso allarme di cui vi avevamo parlato già qui ieri, ma che ha fatto il giro del mondo come notizia che mette a nudo tutta l’ansia da guerra mondiale che sottende le intricate dinamiche nordcoreane. Un falso allarme durato 38 minuti, il tempo tra le notifiche mandate su tutti i cellulari dei cittadini hawaiani e l’ammissione dell’errore da parte delle autorità, dove il panico è scoppiato dovunque con gente che correva dappertutto immaginandosi un attacco pseudo-nucleare. I funzionari della gestione emergenze hanno spiegato che la notifica è stata inviata poco dopo le 8 del mattino (19 in Italia) durante un cambio di turno, «E’ stato premuto il bottone sbagliato, un errore che ha fatto partire sui telefoni cellulari dell’arcipelago un allarme che ordinava di “trovare un immediato rifugio”». Non solo, in serata è intervenuto anche l’amministratore dell’agenzia per le emergenze, Vern Miyagi, che ha spiegato così: «chiedo profondamente scusa per i problemi e lo spavento che abbiamo provocato oggi.Abbiamo trascorso gli ultimi mesi a tentare di rispondere a questa minaccia, in modo da essere in grado di fornire notifiche e allarmi preventivi al pubblico”, ha continuato, concludendo «abbiamo commesso un errore. Ora studieremo il processo in modo che non accada più». (agg. di Niccolò Magnani)



PUTIN, “SO CHI HA COLPITO BASI RUSSE IN SIRIA”

Lo scenario geopolitico internazionale muta repentinamente di giorno in giorno e il rischio che una Terza Guerra Mondiale abbia inizio non è da trascurare solo perché nella penisola coreana i rapporti tra il Nord e il Sud, e dunque fra Trump e Kim, appaiono negli ultimi giorni più distesi. Basta guardare cos’è avvenuto in Siria il 6 gennaio scorso, quando droni artigianali hanno attaccato la base russa di Hmeimim, senza fare vittime né danni, mentre altri tre attaccavano quella della Flotta a Tartous. Vladimir Putin, come riportarto da euronews.it, si è detto convinto che a sferrare l’attacco non sia stata la Turchia, come ipotizzato inizialmente:”Ho appena parlato al telefono con il presidente Erdogan di questo episodio e sono sicuro che l’esercito turco e il governo turco non hanno nulla a che fare con questo. In realtà, quella parte della zona di Idlib dovrebbe essere controllata dalla Turchia ma francamente a volte perdiamo il controllo anche su ciò che controlliamo. Ci sono dei provocatori, ma non sono i turchi. Sappiamo chi sono. Sappiamo quanto, e chi li ha pagati per questa provocazione”. A detta di Putin si tratta di “un segnale che non fa ben sperare perchè il lancio dei droni intendeva far deragliare gli accordi tra le potenze attrici nel teatro siriano e ostacolare le relazioni della russia con i suoi partner, Turchia e Iran in testa. E’ stato un tentativo di distruggere questa relazione”. E chi più degli Usa ha interessa a complicare la vita ai russi? Il destinatario del monito di Putin, non a caso, sembra proprio Donald Trump.



LA SITUAZIONE IN COREA

Sembra essersi improvvisamente placato il vento di Terza Guerra Mondiale che spirava fino a pochi giorni fa dalla penisola coreana. Le ormai prossime Olimpiadi invernali in Corea del Sud hanno fatto sì che quella che è stata già ribattezzata la “diplomazia degli sci” sciogliesse il gelo – è proprio il caso di dirlo – tra il governo di Moon Jae-in e quello della Corea del Nord. Proprio il regime retto da Kim Jong-un, dopo l’incontro fra le delegazioni dei due Paesi dei giorni scorsi, ne hanno proposto un altro operativo il prossimo 15 gennaio, che avrà come tema la visita di artisti nordcoreani in Corea del Sud. In un comunicato del ministero per la Riunificazione nazionale si afferma che “le autorità hanno avvertito la parte nordcoreana che la nostra delegazione si recherà a Panmunjom il 15 gennaio per l’incontro”. La speranza è che le Olimpiadi invernali di Pyeongchang, che si terranno dal 9 al 25 febbraio, costituiscano molto più di una semplice tregua.

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