Data la sua posizione geografica, l’Egitto si trova coinvolto non solo nelle complesse vicende mediorientali, ma anche nel caos creato in Libia dalla caduta di Gheddafi e nell’area del Mar Rosso. Quest’ultima è molto importante per l’Egitto, in quanto porta d’accesso al Canale di Suez, elemento fondamentale dell’economia egiziana. L’espansionismo iraniano nell’aerea viene considerato molto pericoloso e ciò porta a un’alleanza di fatto con l’Arabia Saudita. In questa ottica va vista la partecipazione egiziana alla coalizione contro i ribelli sciiti Houthi in Yemen guidata dai sauditi. Data la sostanziale impostazione laica del regime militare di al Sisi, la contrapposizione all’Iran sembra dettata da valutazioni geopolitiche piuttosto che religiose, legate cioè al secolare scontro tra sunniti e sciiti. Infatti, il peggior avversario del regime egiziano è un movimento radicale sunnita: la Fratellanza  musulmana.



Ancora considerazioni geopolitiche portano l’Egitto a osservare con molta attenzione la politica estera e le vicende interne del confinante Sudan. La costituzione nel 2011 della Repubblica del Sudan del Sud, dopo decenni di guerra civile, non ha portato la pace né nel nuovo Stato indipendente, sconvolto da conflitti politici ed etnici, né nel Sudan, dove nella regione del Darfur è in corso da una quindicina d’anni una guerra talmente violenta da far parlare di genocidio. Il Sudan è uno Stato improntato a una ideologia islamica e governato da un regime militare, che in passato ha dato rifugio a molte organizzazioni jihadiste, compreso bin Laden. Il presidente al Bashir ricopre la carica da quasi trent’anni ed è accusato di crimini di guerra per la questione Darfur. La situazione economica del Paese è piuttosto grave, sia per i costi delle guerre interne e le sanzioni internazionali per l’appoggio a movimenti terroristici, sia per aver perso gran parte dei proventi petroliferi dopo l’indipendenza del Sudan del Sud, dove vi è la maggior parte dei giacimenti.



In questa situazione si è rivelato fondamentale l’aiuto finanziario delle monarchie del Golfo e, in contraccambio, anche il Sudan ha inviato un proprio contingente in Yemen contro gli Houthi. La presenza sudanese è stimata in circa 8mila soldati, ma le perdite finora subite, che ammonterebbero a diverse centinaia di soldati, stanno provocando reazioni negative in Sudan. Il progressivo avvicinamento del Sudan all’Arabia Saudita ha causato un raffreddamento nei rapporti con l’Iran, un tempo significativi, e accantonato il progetto iraniano di una propria base navale nel Paese.



I legami storici tra Egitto e Sudan risalgono ai tempi dei faraoni e, sotto l’Impero Ottomano, da un certo punto in poi l’Egitto ha di fatto controllato il Sudan. Nell’Ottocento si è poi giunti a un condominio di Egitto e Regno Unito sul Paese fino alla dichiarazione di indipendenza del 1955. Nella seconda metà dell’Ottocento il Sudan fu anche teatro di una “anteprima” dello stato islamico con la rivolta nel 1881 del Mahdi, nota al grande pubblico per un film in cui Charlton Heston impersonava Gordon Pascià, lo sfortunato generale inglese difensore di Khartoum.

I rapporti tra i due Paesi sono ora piuttosto tesi per la ripresa di una contesa territoriale che risale alla proclamazione di indipendenza del Sudan. In questione è il “Triangolo di Halayeb”, annesso dall’Egitto ma rivendicato dal Sudan che, all’inizio di gennaio ha richiamato il proprio ambasciatore al Cairo “per consultazioni” e riaperto il caso presso l’Onu.

Un altro fattore di dissidio è la costruzione in Etiopia di un’imponente diga sul Nilo Blu, denominata della “Rinascita”, sostenuta dal Sudan ma contestata dall’Egitto. La produzione di energia elettrica derivante dal bacino idroelettrico è di somma importanza per Etiopia e Sudan, ma pone un grave rischio all’agricoltura egiziana, alla quale verrebbe ridotto l’apporto di acqua preziosa per la sua sopravvivenza. I toni della polemica sono piuttosto alti e si parla anche di movimenti di truppe su entrambi i fronti.

Questi fattori locali si inseriscono in un quadro geopolitico più vasto, nel quale Egitto e Arabia Saudita si contrappongono a Iran e Turchia. Il Sudan ha cercato di mantenere una posizione neutrale, ad esempio non partecipando al blocco contro il Qatar per non compromettere l’aiuto finanziario da parte di Doha. Inoltre, alla fine di dicembre si è svolto a Khartoum un incontro tra vertici militari sudanesi e qatarioti, che ha rinfocolato i sospetti egiziani di una collusione tra Sudan e Fratellanza musulmana. All’incontro hanno partecipato anche i russi, ai quali al Bashir, in una sua precedente visita a Mosca, aveva chiesto aiuto contro gli Stati Uniti, nonostante questi abbiano tolto le sanzioni contro il Sudan.

Sempre a dicembre, reazioni preoccupate in Egitto ha provocato la visita a Khartoum del presidente turco Erdogan. Secondo quanto riportato da Al Monitor, la visita ha gettato le basi per un macroscopico sviluppo nel commercio tra i due Paesi e particolare attenzione ha destato la concessione in affitto ad Ankara dell’isola di Suakin, snodo strategicamente importante nel Mar Rosso. Tra gli accordi firmati vi è anche un incremento della cooperazione militare e ciò ha diffuso negli altri Paesi arabi il timore che Suakin possa diventare una base militare turca, importante avamposto verso l’Africa della politica neo-ottomana attribuita ad Erdogan.

Si profila all’orizzonte un nuovo fronte di scontro le cui dimensioni possono diventare veramente preoccupanti.