Alla partenza dell’aereo che lo portava a Santiago del Cile, Papa Francesco ha distribuito ai giornalisti l’immagine straziante di un bambino che, dopo l’esplosione della bomba atomica a Nagasaki nel 1945, porta sulle spalle il corpo del fratello più piccolo, destinato al crematorio. “Questa l’ho trovata per caso — ha poi spiegato il Pontefice salutando i cronisti —, è stata scattata nel ’45. È un bambino con il suo fratellino sulle spalle che aspetta il suo turno davanti al crematorio a Nagasaki dopo la bomba. Mi ha commosso quando l’ho vista. Ho pensato, ho osato scrivere solo ‘Il frutto della guerra’ e poi di farla stampare e condividerla perché un’immagine del genere commuove più di mille parole. E l’ho voluta condividere con voi”. Non si tratta, ha aggiunto il Papa, solo della consueta retorica cattolica contro la guerra. C’è un esplicito richiamo all’attualità. “Sì, ho davvero paura — ha detto il Pontefice —. Siamo al limite. Basta un incidente per innescare la guerra. Di questo passo la situazione rischia di precipitare. Quindi bisogna distruggere le armi, adoperarci per il disarmo nucleare”.
Un antefatto è necessario per comprendere il gesto di Papa Francesco. Il Pontefice fa sue le preoccupazioni del convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale“, organizzato in Vaticano il 10 e 11 novembre scorso, con la presenza di undici Premi Nobel per la pace. Lo stesso Premio Nobel per la pace 2017 è stato assegnato all’Ican, la Campagna internazionale per abolire le armi nucleari. Il convegno vaticano, fortemente voluto da Papa Francesco, è anche il frutto della collaborazione fra la Santa Sede e ambienti buddhisti giapponesi. Nel Paese delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki il sentimento antinucleare è molto forte. In tutto il mondo la Soka Gakkai, il più grande movimento laicale del buddhismo giapponese (e mondiale), è attivo in grandi campagne contro le armi nucleari. Esponenti della Soka Gakkai hanno collaborato all’organizzazione del convegno vaticano, dove è stata esposta una versione compact della sua mostra “Senzatomica”, che s’inaugura oggi a Torino al Mastio della Cittadella. Tra l’altro Enzo Cursio, un attivista italiano della Soka Gakkai che è stato l’anima di molte iniziative antinucleari, è stato proposto per il Premio Nobel per la Pace 2018 da Mairead Maguire, che ha ricevuto lo stesso premio nel 1976.
Poco nota, ma importante, questa collaborazione fra cristiani e buddhisti è tra i pochi segnali di speranza in un mondo dove le armi atomiche non diminuiscono, ma proliferano. Papa Francesco ha parlato spesso di una terza guerra mondiale già in corso, ma “a pezzi”. Questa formula è giusta e importante, ma può anche diventare un alibi per non vedere che le “piccole” guerre in corso in tante parti del mondo non escludono affatto che possa scoppiare una “grande” guerra: una guerra nucleare. Gli occhi di tutti sono puntati sulla Corea del Nord, ragione immediata del convegno convocato in Vaticano lo scorso novembre. Ma le tensioni fra India e Pakistan, fra le diverse potenze regionali del Medio Oriente, fra Cina e Taiwan non vanno sottovalutate. Come hanno ricordato in modo brutale il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un e Donald Trump, sono più di uno oggi i capi di Stato con il dito vicino al bottone nucleare, e non tutti hanno caratteri e modi precisamente rassicuranti.
Sì, la guerra grande può davvero scoppiare. Oggi il “disarmo nucleare” di cui ha parlato Papa Francesco sembra un sogno. Ma ci sono sogni così forti da diventare realtà. Mentre i potenti della Terra si perdono in sterili e minacciose diatribe (su cui Freud avrebbe molto da dire) su chi di loro ha il bottone atomico più grande, le religioni hanno un ruolo profetico per ricordare che un mondo “senzatomica” è possibile, e che è la sola alternativa a un mondo futuro senza esseri umani.