“Ci sentivamo umiliati a ricevere gli aiuti, il cibo, i vestiti, perché non avevamo mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui saremmo stati ridotti come dei barboni, oppressi senza forze e potere”. Così racconta con grande lucidità Helda Khalid Jacob Hindi una bambina di soli 10 anni che solo adesso è potuta tornare a casa, nel villaggio di Qaraqosh nella piana di Ninive in Iraq, da dove lei e la sua famiglia erano stati costretti a scappare nell’agosto 2014 all’arrivo dell’Isis. Ero terrorizzata all’idea di non rivedere mai più i miei amici, la mia città, la mia scuola, racconta. Adesso però ha ritrovato la sua scuola e i suoi vecchi amici: “Durante l’esilio avevamo solo Dio e non abbiamo mai cessato di credere nella sua pietà per tutti coloro che soffrono in Iraq e nel mondo. I miei familiari non hanno mai smesso di credere che Dio fosse sempre vicino a noi. Per quanto possa vedere del mio passato, Dio mi è sempre stato vicino”.
Del suo futuro dice che non sa bene cosa fare: vorrebbe rimanere in Iraq perché è la sua casa, ma ha ancora paura che i cristiani possano venire perseguitati: “Ho un messaggio per le nazioni occidentali: aiutate per quanto possibile i cristiani perché in Iraq sono vicini all’estinzione. Abbiate compassione per noi e sarete ricompensati in cielo”. Purtroppo Helda non conosce la realtà della politica internazionale, dove della sofferenza delle minoranze non interessa a nessuno, scambiate come pedine nel gioco degli interessi di ogni singolo paese e nlla loro corsa al potere. Il suo sogno? “Diventare una dentista per servire la mia comunità, il mio paese, dovunque dovessi andare a vivere” (testimonianza raccolta da Ragheb Elias Karash dell’Aiuto alla Chiesa che soffre degli Stati Uniti).