Sarà sicuramente una cosa bella veder sfilare insieme atleti della Corea del Nord e della Corea del Sud nella cerimonia d’apertura delle prossime Olimpiadi invernali. Magari, alla fine dei Giochi, qualche nordcoreano mancherà all’appello, ma — come spiega Francesco Sisci in questa intervista — “il riavvicinamento può significare la riapertura di un varco, anche se al momento non ci troviamo neppure sulla porta”. Di avviare una trattativa sul nucleare, infatti, non si è minimamente parlato.
Secondo lei, dietro questa bella iniziativa cosa c’è di concreto? E’ l’inizio di un cammino di dialogo?
Bisogna essere ancora prudenti. Sicuramente, piano piano, si potranno vedere dei segnali positivi, è però anche vero che questo riavvicinamento non ha significato finora alcuna apertura per un inizio di trattativa sulla questione nucleare. Ed è questo il problema dei problemi.
Di un riavvicinamento comunque si tratta: a chi spetta il merito?
Allo sforzo congiunto del presidente sudcoreano, della Cina, della Russia, del segretario americano Tillerson e del Giappone, che cercano di muoversi con estrema prudenza per aprire dei varchi.
Dunque un primo varco si è aperto?
Non siamo però nemmeno sulla porta. Questi sono gesti simbolici utili, ma i problemi rimangono.
Si può dire, secondo lei, che mostrare un volto più conciliante per la Corea del Nord è un gesto propagandistico di grande effetto, e che la Corea del Sud si sta muovendo senza gli Stati Uniti, che ancora parlano di guerra preventiva?
Non credo che questa iniziativa della Corea del Sud sia completamente autonoma. Certamente è una grande occasione di propaganda positiva per la Nord Corea, ma resta anche un’occasione per mostrare ai nordcoreani la carota senza il bastone: se voi vi comportate bene, il mondo si comporta bene con voi. Ma non è sufficiente. E’ un cammino difficile, perché comunque di concreto non c’è nulla.
Recentemente Papa Francesco ha affermato che siamo giunti “al limite”, mostrandosi realmente preoccupato per il rischio di una guerra nucleare. Si riferiva al caso Corea?
Il pericolo di un conflitto nucleare va al di là della questione nordcoreana. Certamente è la situazione più esplosiva, ma va tenuto presente che la questione in quest’area potrebbe sortire sbocchi diversi.
Quali?
Uno potrebbe essere il congelamento dello status quo nordcoreano, un fatto che però potrebbe indurre altri Paesi della regione a dotarsi a loro volta di armi nucleari. Con la loro proliferazione si accresce di molto anche la possibilità di un errore. Come abbiamo visto qualche giorno fa con l’allarme alle Hawaii.
Infatti, le tensioni si avvertono un po’ ovunque…
Se quello che è successo è una risposta all’eventualità di un attacco nucleare, questo ci conferma che, quando la tensione è alta, è facile commettere errori. E un domani potrebbe capitare di sbagliare reazione a fronte di segnali che arrivano da altri Paesi. Probabilmente Papa Francesco si riferiva a questa situazione incandescente in tutto il mondo.