Il Governo Macri, a due anni dal suo insediamento e dopo tre tornate elettorali estremamente positive, scopre un’Argentina che in una sua parte, minoritaria, è ancora legata agli anni Settanta per l’uso esacerbato della violenza e pure per la volontà di distruggere qualsiasi barlume di democrazia (per non parlare di Repubblica) con azioni di stampo fascista che rievocano tempi bui. Ma scopre anche una sua incapacità di comunicazione, che si ripete ormai ciclicamente, che sconfina in un machiavellismo politico che rischia di provocare tutto il contrario di quello che si vuole raggiungere.
Tutti sanno che l’autore del “Principe”, osannato nei secoli, era in realtà un perdente nato, uno che politicamente non ne ha azzeccata una manco a volerlo: eppure ha creato un capolavoro che illustra raffinate e spesso poco etiche tattiche politiche per gestire il potere. Talmente evolute che alla fine possono partorire l’esatto contrario, come dimostra la biografia politica dell’illustre fiorentino.
Da quando l’Argentina, esasperata da 13 anni di potere corrotto e falsamente “nacional y popular”, messo in atto sia da Nestor che da Cristina Kirchner, nel 2015, decise di voltare pagina e di porre la sua fiducia nella giovane formazione politica “Cambiemos” presieduta da Macri, la richiesta dell’elettorato era semplice: creare una Repubblica di fatto, con una Giustizia indipendente in grado di promuovere uno Stato di diritto atto a garantire la necessaria modernizzazione di una nazione grande 9 volte l’Italia, con immense risorse, che in teoria dovrebbe essere un Emirato a livello di ricchezza individuale e che invece, anche dopo oltre 40 anni di una democrazia in gran parte peronista, “gode” di una povertà che supera il 30% dei suoi appena 40 milioni di abitanti.
Nel suo discorso di insediamento alla Presidenza, l’Ingegnere Mauricio Macri definiva i punti che il suo Governo voleva raggiungere: povertà 0, lotta alla corruzione, al narcotraffico e modernizzare l’Argentina anche culturalmente, sanando l’ampia breccia politica instaurata dal kirchnerismo e da esso usata per discriminare. A manovre francamente miracolose, come la soluzione del problema dei “tango bond” e l’instaurazione di un cambio con il dollaro, due temi importantissime risolti in breve tempo, si sono sommate questioni che hanno da subito rivelato l’enorme difficoltà che il Governo Macri ha nella comunicazione.
In primo luogo non si capisce come lo stesso Macri abbia, nei suoi discorsi iniziali, minimizzato l’eredità fallimentare ricevuta dai 13 anni di kirchnerismo. Forse per tentare un processo di pacificazione, cosa francamente difficile da realizzare con chi fino a oggi ha mostrato un profondo disprezzo per la democrazia (ricordiamo che Cristina Kirchner si rifiutò di partecipare alla cerimonia del passaggio del bastone Presidenziale, segno inconfondibile di una discontinuità democratica). A cui bisogna aggiungere l’aumento improvviso ed elevato delle tariffe energetiche (gas e luce) che, anche se giustificato (lo Stato interveniva coprendo in gran parte i costi energetici, dato che l’ammontare delle bollette era inferiore al valore di una tazza di caffè) è risultato mal spiegato al punto da generare le proteste di una classe media che ha costituito l’asse portante delle vittorie elettorali del macrismo. E proprio dopo l’ultima, importantissima, avvenuta il 22 di ottobre, con maggioranza schiacciante in tutto il Paese, ha iniziato a mostrare ancor di più i propri limiti.
È chiaro che l’episodio del sottomarino “ARA San Juan” è da ritenersi un dramma inatteso (anche se le critiche per la poca e confusa comunicazione sono piovute anche lì), ma dove si è raggiunto l’apice della “criptografia” è stato con la riforma del sistema pensionistico: anche se è chiaro che, come in altre nazioni, l’aspettativa di vita lo ha posto a rischio e che in Argentina bisogna aggiungere il mostruoso monto delle sovvenzioni alle classi più povere (che però costituiscono un tampone che mantiene lo status invece che un incentivo a modificarlo), il nuovo sistema di gestione pensionistico ha lasciato una quantità talmente grande di dubbi che, sfruttati abilmente da parte di un’estrema sinistra e soprattutto da un kirchnerismo che negli anni del suo potere ha negato ai pensionati l’attualizzazione dei loro emolumenti condannandone circa 3 milioni alla povertà assoluta, hanno non solo provocato manifestazioni e cacerolazos in tutto il Paese, ma soprattutto hanno costituito la ragione delle radicali violenze che hanno incendiato Buenos Aires per due giorni e fatto temere un altro 2001 di fuoco, come si è detto in un altro articolo.
Tutto questo, in ultima analisi, costituisce una conferma di come, se veramente si vuole raggiungere la pacificazione del Paese e procedere con gli ormai inevitabili cambiamenti che lo modernizzino e gli permettano di godere di un benessere tanto agognato, la comunicazione chiara deve essere un elemento primario al loro raggiungimento.