Nuova esplosione e nuovi morti, tanti morti, a Kabul. Ci sono due ragioni per le bombe che si susseguono e i morti ammazzati. La prima è che il povero governo afghano — povero per modo di dire perché prende miliardi in aiuti internazionali — controlla poco più di metà del suo territorio. Si dice che il resto lo controllano “i talebani”, ma l’espressione è imprecisa. A parte una mezza dozzina di formazioni minori, il resto se lo dividono un gruppo legato all’Isis e uno legato ad al-Qaeda. Che non si sono ancora messi d’accordo, anche se qualcuno prevedeva il contrario dopo i rovesci dell’Isis in Siria e Iraq, anzi continuano ad ammazzarsi fra loro. Perso terreno in Iraq e Siria, l’Isis si è accorto che forse oggi il Paese dove controlla la porzione più ampia di territorio è l’Afghanistan ma nessuno lo sa. Lo fa sapere con l’unico modo di propaganda che conosce, le bombe. Per non essere da meno, al-Qaeda moltiplica le bombe a sua volta. Tutti usano il nome “talebani”, ma significa sempre meno.
La situazione è paradossale perché ricordiamo — o dovremmo ricordare, ma in queste cose la memoria è corta — le bellissime cerimonie del 2014 in cui Stati Uniti, Gran Bretagna e Nato ammainarono le bandiere e dichiararono che la guerra in Afghanistan era finita e l’avevano vinta. Non era vero niente: semplicemente, passavano la guerra ai mercenari, pudicamente chiamati contractor, e qualche militare specializzato rimaneva. Ma serviva alla propaganda di Obama, incalzato dai repubblicani come dissipatore di miliardi in una guerra inutile. Soprattutto, gli rompeva le scatole un certo Donald Trump, che chiedeva il ritiro incondizionato e totale dall’Afghanistan, buco nero dove sparivano i dollari dei contribuenti per una guerra di cui nessuno capiva nulla.
La guerra dell’Afghanistan è molto difficile da vincere. Ma purtroppo non si può perdere: come avvenne l’11 settembre, che nessuno ha dimenticato, se si lascia ai terroristi la Tortuga dell’Afghanistan di lì attaccheranno tutto il mondo. Lo sanno i cinesi, che insistono perché si faccia qualcosa. Lo sanno anche i russi che però, offuscati dall’anti-americanismo, hanno tolto agli americani quel poco supporto logistico che davano loro.
Arrivato alla Casa Bianca, Trump ha letteralmente dichiarato sull’Afghanistan: “Il mio istinto mi diceva di andarmene dall’Afghanistan e di solito seguo il mio istinto. Ma è uno dei casi in cui quando ci si siede nell’Ufficio Ovale le cose si vedono diversamente”. Di qui la “madre di tutte le bombe” sganciata sui tunnel dei “talebani”, truppe che tornano in Afghanistan e un programma per distruggere finalmente l’economia dell’oppio e dell’eroina con sui si finanziano i terroristi. Ricorda qualcosa? Sì, era il programma del vituperato George W. Bush. Che gli afghani ricordano con tanta nostalgia. Anche i repubblicani americani, non solo per l’Afghanistan. Però, almeno sull’Afghanistan, Trump è stato capace di ammettere che era Bush ad avere ragione.