I due pattinatori artistici nordcoreani Ryom Tae-Ok e Kim Ju-Sik potrebbero ritrovarsi inaspettatamente a rappresentare il loro paese ai giochi olimpici invernali di Pyeongchang, in Sud Corea (9-25 febbraio). Kim Jong-un ha accolto l’invito di Seul, auspicando una rapida evoluzione della trattativa tra i due paesi. Una mossa, quella del leader nordcoreano, diametralmente opposta alle dichiarazioni bellicose fatte in occasione del Capodanno. “Ancora non siamo in grado di decifrare del tutto la mossa di Kim — spiega Francesco Sisci, sinologo e editorialista di Asia Times —. Di sicuro siamo in presenza di due messaggi contrastanti. Può essere che lo stesso Kim stia sondando il terreno, essendosi trovato spiazzato”. 



Da che cosa innanzitutto?

Dal nuovo dialogo tra Washington e Mosca. L’intesa c’è e va avanti, pur senza dati di fatto salienti, si potrebbe dire, ma in tal modo si dimenticherebbe che il primo fatto politico notevole è proprio il ritrovato dialogo. Lo scambio è complicato, insomma, ma i due si parlano.

E poi c’è la Cina. E c’è soprattutto la vicenda del petrolio tirata fuori da Trump. I satelliti sudcoreani avrebbero documentato lo scambio tra una nave cinese e una di Pyongyang, secondo la Reuters invece la nave non è cinese ma russa.



Anche questo è uno sviluppo concreto. L’accusa di Trump, vero o falso che il petrolio sia cinese, ha avuto l’effetto di far aprire un’indagine a Pechino e di far dichiarare ai cinesi, che hanno respinto l’accusa, di non voler vendere petrolio a Pyongyang. L’effetto finale è un’ulteriore presa di distanza dal regime di Kim.

Insomma si sta stringendo il nodo intorno alla Nord Corea? Per questo Kim Jong-un ha aperto ai giochi invernali?

Sì, anche se non bisogna trarre conclusioni affrettate perché le incognite sono molte. Una di queste è decisiva e riguarda la distanza tra Sud Corea e Giappone. 



In che cosa divergono?

Sulle premesse della trattativa. Seul è per arrivare tacitamente ad una qualche forma di accettazione dello status nucleare di Pyongyang, il Giappone ha paura e dice no. 

E Kim Jong-un lo ha capito.

Sì. Con la sua ultima apertura alla Sud Corea può aumentare la frattura tra Seul e Tokyo e complicare la posizione degli Stati Uniti, protettore di entrambi. Gli Usa non sembra certissimi sul da farsi, e lo saranno ancor meno con i due maggiori alleati nell’area che tentano ognuno di tirarli sulla propria posizione. 

Facciamo capire in sintesi l’ultima evoluzione sulla scacchiera.

Assistiamo al tentativo della Nord Corea di rompere il fronte circolare che si è andato formando. Vuol dire che Kim avverte la pressione e cerca di alleggerirla.

Nel suo discorso di Capodanno, Kim Jong-un ha detto due cose importanti. La prima è di avere il pulsante nucleare sul tavolo. Non era mai successo. La seconda, che il programma nucleare è stato ultimato. E’ così?

Non lo sappiamo. Secondo le ultime fonti di intelligence, non è così, quindi Kim mentirebbe. In tal caso la sua dichiarazione potrebbe voler dire che non farà altri esperimenti. Per sapere se è vero, si tratterà soltanto di attendere e vedere cosa succede. Ma quello che ha detto potrebbe anche preludere a un rilancio. Ripeto, il dato politico è che il dittatore nordocoreano sente la pressione. Non per questo la faccenda è meno delicata.

Cosa potrebbe accadere?

Se la pressione è eccessiva, Kim potrebbe reagire facendo il pazzo; se la pressione è troppo poca, idem. 

Chi è per adesso il vincitore?

Il segretario di Stato americano Rex Tillerson. Ha sempre detto che l’opzione militare era una sciocchezza e che bisognava trattare. I fatti gli stanno dando ragione. Non solo. C’è un’ala trumpiana che rema contro di lui, gli stessi che hanno fatto circolare la voce delle sue dimissioni. Ma Tillerson è ancora al suo posto.

(Federico Ferraù)