Donald Trump “rivendica” il successo delle nuove aperture e futuri dialoghi tra le due Coree: mentre imperversa negli Usa la polemica sulle parole di Bannon, il presidentissimo americano torna sulla crisi mondiale in atto in Corea del Nord (ovviamente usando Twitter, ndr) e spiega, «Con tutti quei falliti ‘esperti’ che si fanno sentire, davvero qualcuno pensa che i colloqui e il dialogo sarebbero partiti tra Nord e SudCorea se io non fossi stato fermo, duro e disposto a impegnare la nostra forza contro il Nord?». Una volta di più, la provocazione dalla Casa Bianca parte in direzione Pyongyang e siamo certi avrà ripercussioni negli imminenti dialoghi tra le due Coree. «Sono degli sciocchi, ma i colloqui sono una buona cosa!», ha ribadito Trump nell’imbarazzo dei suoi collaboratori che non riescono più “a limitare” la produzione rapidissima su Twitter. Ieri il vicepresidente Mike Pence ha provato a difendere Trump dagli attacchi, ma è chiaro a tutti che si tratta di una sorta di “difesa d’ufficio” e il problema è ben presente, «Il presidente Trump ha messo in chiaro che l’America non intende farsi intimidire o minacciare, e che gli Stati Uniti d’America sono stati in grado, per essere chiari, di mobilitare contro la Corea del Nord una pressione economica e diplomatica senza precedenti». 



DOMANI VERTICE CINA-SUD COREA

Importante novità sul fronte diplomatico: per provare a scongiurare definitivamente la terza guerra mondiale e le possibili ripercussioni nefaste, se Trump e Kim dovesse premere quei maledetti “pulsanti” nucleari, l’inviato del Governo di Pechino volerà a Seul domani per un vertice ufficiale sulla possibile apertura verso la Corea del Nord. Il ministero degli Esteri cinese ha annunciato proprio oggi questo importante incontro, nell’ottica di discutere seriamente e da vicino la situazione nella Penisola coreana dopo la riapertura di dialogo tra la Corea del Nord e quella del Sud. Sarà il viceministro Kong Xuanyou a visitare la capitale Seul per uno scambio di posizioni, vedute e materiali con l’omologo Lee Do Hoon, l’inviato scelto dal presidente Moon per i colloqui di pace con il regime di Pyongyang. «Il loro incontro viene mentre Seoul si prepara per i proposti colloqui di alto livello con la Corea del Nord il prossimo martedì, in cui si discuteranno questioni di reciproco interesse», spiega un comunicato cinese. Un inizio di disgelo c’è, ora non resta che vedere se durerà stabilmente. 



TRA DISGELO E “PULSANTI”

La Corea del Nord e il suo dittatore sono tutt’altro che scellerati o “stupidi”: la guerra mondiale attentata e mai fino in fondo esclude tiene sotto scacco di fatto mezzo mondo, con gli Usa e l’Onu impegnati in una sfida a distanza sul tipo di “approccio” da tenere con Pyongyang. Intanto però Kim Jong-un riapre in canali con la Sud Corea (che sarebbe alleato degli Usa) e grazie all’ala protettiva mai fino in fondo cancellata della Cina, si presenta ai nastri di partenza delle Olimpiadi con un nuovo canale di dialogo aperto con i “cugini” rivali di Seul e un tentato “restyling” della comunicazione estera di un regime che in più occasioni ha “giocato” con Trump nel tentativo di delegittimarlo agli occhi del mondo. Il ministro dell’unificazione della Corea del Sud, Cho Myoung-Gyon, ha spiegato che gli argomenti sul campo «sono la partecipazione della Corea del Nord alle Olimpiadi e altre questioni d’interesse reciproco per il miglioramento delle relazioni fra i due Paesi».



Intanto, lato “scontro”, Kim prosegue nella battaglia sul “pulsante nucleare” più grande tra lui e Donald Trump, al netto delle ironie suscitate dalla poca pregnante sfida a distanza tra i due leader. Una Pyongyang “poker face” che gioca tra un disgelo storico e una tensione “sul pulsante” accesa con gli Usa: i prossimi mesi scopriranno forse le carte di una guerra mai cominciata per ora e pur sempre (per fortuna) solo minacciata.

RUSSIAGATE, CLAMOROSO SCONTRO TRUMP-BANNON

La serata di ieri ha visto riesplodere ancora una volta il capitolo del Russiagate alla Casa Bianca, ribadendo come lo scollamento fra Trump e il Congresso Usa sia tutt’altro che una fake news. L’ex consigliere del Presidente, Steve Bannon, in un libro pubblicato ieri parla di alcuni presunti incontri tra il figlio del tycoon e un avvocato russo alla Trump Tower per provare strategie anti-Clinton prima delle Elezioni Presidenziali americane. In colloquio con l’autore del volume che ha sollevato subito un polverone, Michel Wolff, Bannon avrebbe parlato di incontri «sovversivi e di discussioni atipatriottiche» tra il figlio del presidente e alcuni emissari russi. La replica di Trump non si fa attendere ed è ferocissima: «Steve Bannon ha perso la testa, non ha nulla a che fare con me o con la mia presidenza.

Quando è stato licenziato non solo ha perso il lavoro ma anche la ragione. Steve era un membro dello staff che ha lavorato per me dopo che io avevo già vinto la nomination (repubblicana alla presidenziali a maggio del 2016, ndr) sconfiggendo 17 candidati spesso descritti come i più talentuosi mai riuniti dal partito Repubblicano».

In quel vertice in cui si fa riferimento nel volume “Fire and Fury” ci sarebbero stati non solo Trump jr ma anche il genero Jared Kushner (marito di Ivanka, ndr) e il capo della campagna elettorale Paul Manafort: insomma un Bannon show che a testa bassa attacca il presidente mettendolo ancora più a rischio “impeachment” se fossero confermate le voci riportate dall’ex collaboratore della Casa Bianca, licenziato dopo la pessima gestione delle violenze di Charlottesville. Il rapporto Putin-Trump è il vero nodo della vicenda, con il Congresso Usa che mal sopporta l’eccessivo “spostamento” verso il Cremlino, anche se potrebbe di fatto comportare non poche soluzioni a livello internazionale nelle varie crisi presenti, dalla Corea del Nord al Medio Oriente.