Mentre gli Stati Uniti, nella persona del segretario di stato Mike Pompeo, rifiutano “ogni aiuto economico alla Siria fino a quando nel paese saranno presenti le milizie iraniane”, è il popolo stesso con la sua forza e il suo spirito indomito a ricostruire il paese. Dimostrazione di questa straordinaria forza e di questo spirito, che unisce cristiani e musulmani, è l’ex patriarca greco-melkita Gregorio III Laham, ritiratosi per motivi di età nel 2017, ma non per questo meno attivo nonostante i suoi 85 anni. “I progetti in cui siamo impegnati sono molti, alcuni dei quali proseguono già da anni”. L’ex patriarca si è impegnato personalmente nella costruzione di una chiesa dedicata a San Paolo a Damasco, di una scuola e di un ospedale a sud di Damasco e infine nell’allestimento di una struttura nei quartieri poveri della capitale: “Non abbiamo tempo che per amare e per ricercare la pace” dice con la voce serena di un anziano che ha dedicato tutta la vita al suo popolo, senza differenza di religione e razza.
Padre Gregorio, adesso che la guerra in gran parte della Siria è terminata, in occidente non si parla quasi più del suo paese. Ci sa dire come procede la ricostruzione?
Ha ragione, si parla pochissimo della resistenza, della volontà di vita dei siriani. C’è un grande lavoro di ricostruzione di case, aziende, ma anche ricostruzione dell’umano.
Ci può illustrare qualche esempio di questa ricostruzione?
Intanto stiamo assistendo ormai da tempo al ritorno di un gran numero di siriani dal Libano, dove erano fuggiti. Si contano anche 10mila ritorni al giorno in alcuni periodi, in altri mille o duemila persone. Questo è un fatto importante.
Significa che c’è sicurezza nel paese e la gente vuole tornare nelle sue case, anche se molte sono ancora distrutte?
Homs è forse la città dove è stato fatto di più, è stata quasi del tutto ricostruita. Ad Hama, poco distante da Homs, è allo studio un piano per ricostruire le chiese e le case. Stiamo occupandoci della possibilità di far rientrare nelle loro abitazioni la popolazione. Ma in quasi tutto il paese c’è tanta gente che lavora in prima persona, purtroppo ci sono ancora zone dove non ci sono le condizioni per farlo. Un aspetto molto importante è la ricostruzione delle infrastrutture ad esempio.
Si riescono a ricostruire anche le aziende e i negozi distrutti dalla guerra?
Sì, soprattutto aziende tessili per la produzione di abiti e aziende di arredamento. A Damasco hanno riaperto circa 150 tra negozi e aziende.
Potete contare su aiuti del governo o per adesso non è ancora in grado di farlo?
Per il governo non è facile impegnare le poche risorse, visto che ci son ancora zone di guerra. Ma la Chiesa non smette mai di aiutare le famiglie con cibo e educazione scolastica per i giovani. Abbiamo dato vita a un progetto molto particolare per le famiglie che tornavano nelle loro case semidistrutte: la costruzione di una camera per volta per 500 famiglie. Da una camera siamo passati a due e poi a tre. In breve queste 500 famiglie hanno riavuto una vera casa dove vivere.
Un piccolo passo per volta: come è lo spirito della popolazione dopo tanti anni di orrori?
C’è una bella atmosfera, io giro spesso le parrocchie e vedo amicizia e voglia di aiutarsi. La guerra non ha potuto distruggere lo spirito di famiglia e di amicizia tra cristiani e musulmani, l’aiuto reciproco, il rispetto che ha sempre caratterizzato il popolo siriano per secoli.
(Paolo Vites)