La verità sulla morte di Jamal Khashoggi è più vicina dopo l’ammissione al NYT di un alto funzionario saudita che ha ammesso che il giornalista dissidente è stato ucciso dopo aver tentato la fuga dal consolato arabo in Turchia. Ed è proprio il governo di Istanbul, come riportato da askanews e riferito dall’agenzia di stampa Anadolu, citando Omer Celik, portavoce del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) che fa capo al “Sultano” Erdogan, a promettere:”La Turchia rivelerà tutto quanto è accaduto. Nessuno dovrebbe mai dubitarne”. Come riferito da La Repubblica, pure la televisione di Riad, citando i risultati preliminari di un’inchiesta ufficiale, ha affermato che Jamal Khashoggi è morto in seguito ad una rissa con alcune persone (confermando dunque la versione della “colluttazione”) che lo avevano incontrato per un appuntamento nel consolato saudita ad Istanbul. Per la sua uccisione sono state arrestate 18 persone, ma a saltare sono anche nomi importanti dell’intelligence. A tal proposito è stato rimosso dall’incarico il generale Ahmed al Asiri, vice capo dei servizi segreti e consigliere della Corona. La televisione di Riad ha aggiunto che il re Salman vuole presentare una proposta per riformare i servizi d’Intelligence che sarà affidata al principe ereditario Mohammed bin Salman. (agg. di Dario D’Angelo)
KHASHOGGI “UCCISO IN UNA COLLUTTAZIONE”
Dopo la pressante richiesta di verità da parte della comunità internazionale per la prima volta crolla il muro di omertà saudita rispetto alle sorti di Jamal Khashoggi, il giornalista scomparso nel consolato arabo ad Istanbul, in Turchia. Un alto funzionario saudita contattato dal New York Times ha infatti ammesso che Khashoggi è stato ucciso durante “una colluttazione”. Stando a quanto riferito dalla stessa fonte, che almeno per il momento resta protetta dall’anonimato, Khashoggi “ha tentato di fuggire dal Consolato, lo hanno fermato, preso a pugni. Lui ha iniziato a urlare, allora uno dei presenti lo ha preso per il collo, strangolandolo fino alla morte”. Il funzionario saudita, come riporta La Repubblica, ha aggiunto anche un particolare sulla presenza del cosiddetto “squadrone della morte”:”C’è un ordine generale del Regno di far rientrare i dissidenti che vivono all’estero. Quando Khashoggi ha contattato il Consolato, il generale Assiri ha inviato il team di 15 uomini”. (agg. di Dario D’Angelo)
IL COMMENTO DI MIKE POMPEO
Sembra ormai vicina alla conclusione l’indagine riguardante la morte del giornalista del Washington post, Jamal Khashoggi. L’Arabia Saudita, dopo giorni di silenzio, è uscita allo scoperto ammettendo la possibilità che il dissidente sia stato ucciso nel consolato di Istanbul dopo una colluttazione. Nel contempo sono cadute due teste importanti molto vicine al principe ed erede al trono, Mohammed bin Salman. La sensazione è che la verità verrà comunque occultata, ma nel contempo l’Arabia Saudita cercherà di prendersi tutte le colpe, senza però incolpare i veri responsabili. Sulla questione ha già detto la sua il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (la sua reazione la trovate qui sotto), e poco fa è uscito allo scoperto anche il segretario di stato americano Mike Pompeo, mettendo in guardia i sauditi e spiegando che Washington sta valutando una “vasta gamma” di risposte se si scoprisse che Riad è la responsabile della morte di Khashoggi. «Di sicuro – le parole di Pompeo a Voice of America – prenderemo in considerazione una vasta gamma di risposte potenziali ma credo che la cosa importante sia che i fatti emergano». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
TRUMP “E’ CREDIBILE”
A quasi tre settimane dalla scomparsa del giornalista Jamal Khashoggi, l’Arabia Saudita ammette per la prima volta che lo stesso sia morto nel consolato del Regno ad Istanbul, dopo una colluttazione. Si tratta di un’ulteriore passo in avanti dei sauditi per provare a chiudere questo scandalo che ha investito i vertici arabi, e nel contempo, salvaguardare il principe Mohammed bin Salman. L’annuncio, come riporta Rai News, è arrivato durante la notte italiana tramite la tv di Riad. Subito è giunta anche la replica del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che fino ad oggi non si è mai esposto in maniera evidente sulla questione, per via dei rapporti delicati con gli amici sauditi: «Una spiegazione credibile – afferma l’uomo più potente del pianeta – le dichiarazioni dei sauditi rappresentano un buon primo passo». Nel frattempo 18 cittadini dell’Arabia Saudita sono stati arrestati, mentre il vice capo dell’intelligence di Riad, il generale Ahmed al Asiri, e Saud al-Qahtani, braccio destro di MbS, sono stati rimossi dal loro incarico. La sensazione circolante è che siamo ormai vicino alla chiusura del caso. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SI STRINGE IL CERCHIO
Il cerchio delle autorità di polizia turche si sta pian piano stringendo attorno ai responsabili del consolato saudita di Istanbul e sta inoltre contribuendo ad aumentare la pressione attorno al principe Mohamed bin Salman: la quasi oramai accertata morte del giornalista dissidente Jamal Khashoggi nell’ambasciata dell’Arabia Saudita potrebbe essere arrivava a un punto di svolta, col Ministro degli Interni del Governo Erdogan che ha spiegato come presto saranno rese note alla stampa le prove rinvenute nella sede dell’ambasciata, oltre ad altre informazioni che proverebbero come il giornalista inviso alla monarchia saudita sia stato attirato con una trappola e poi ucciso, prima di essere smembrato e sciolto nell’acido. E mentre continuano in diverse zone non lontane dalla sede diplomatica le ricerche dei poveri resti di Khashoggi, intanto pare che la polizia ha individuato con esattezza quale è stato il luogo in cui il giornalista sarebbe stato torturato: secondo gli investigatori arrivati da Ankara, sarebbe infatti stata allestita una camera ad hoc all’interno dell’ambasciata di Riad in Turchia dove Khashoggi è stato condotto con la forza dopo essere passato nell’ufficio de console. A farlo a pezzi, invece, sarebbe stato il medico forense Salah al Tubaigy prima che i suoi resti fossero impacchettati in sacchetti di plastica e fatti sparire nel giro di soli 15 minuti. (agg. R. G. Flore)
PROCURA INTERROGA STAFF DEL CONSOLATO SAUDITA
Potrebbe essere il giorno della svolta in merito alla morte del giornalista arabo Jamal Khashoggi, dopo che il Ministro degli Interni turco ha parlato apertamente di prove e informazioni che corroborerebbero la tesi secondo cui il giornalista è stato ucciso all’interno del consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul e dopo che anche Donald Trump, finora molto cauto nel pesare le dichiarazioni a proposito dell’alleato mediorientale, ha per la prima volta accettato l’idea che il dissidente del principe Bin Salman sia morto. Nelle ultime ore, inoltre, pare che le autorità turche siano riuscire a determinare il luogo dell’ambasciata saudita in cui Khashoggi sarebbe stato uccido, prima di venire smembrato e sciolto nell’acido: inoltre, quest’oggi sono stati ascoltati in qualità di testimoni alcuni uomini dello staff dello stesso consolato dal procuratore di Istanbul: tra gli uomini interrogati vi sarebbe anche l’autista personale del console, presso la cui residenza nei giorni scorsi erano state eseguite indagini a tappeto alla ricerca di ulteriori prove. (agg. R. G. Flore)
SI CERCA ANCHE IN BOSCO VICINO AL CONSOLATO
Nel giorno in cui forse le autorità turche, come preannunciato dal Ministro degli Esteri del Governo presieduto da Recep Tayyip Erdogan, Mevlut Cavusoglu, potrebbe mostrare al mondo le prove definitive che il giornalista Jamal Khashoggi sia stato assassinato all’interno del consolato dell’Arabia Saudita ad Istanbul, e mentre Donald Trump per la prima volta ammette la possibilità che il dissidente della monarchia saudita sia morto e che le conseguenze potrebbero essere “gravi”, emergono nuovi dettagli circa la ricerca dei resti dell’uomo. Infatti, come è noto, lo scorso 2 ottobre proprio dal consolato arabo sono stato visti uscire due furgoni in direzioni opposte ed è seguendo il loro tragitto che le forze dell’ordine turche hanno individuato due possibili piste: una porterebbe sulle coste sud-orientali del Mar Marmara mentre l’altra nella città di Yalova e in un piccolo boschetto nei paraggi dell’ambasciata stessa, dove i resti di Khashoggi potrebbero essere stati occultati dopo che il giornalista è stato ucciso, fatto a pezzi e poi disciolto nell’acido. (agg. R. G. Flore)
TURCHIA, “ABBIAMO LE PROVE”
“Jamal Khashoggi è morto”, l’annuncio del presidente americano Donald Trump, che ha annunciato “conseguenze serie”: proseguono le ricerche sul Mar Marmara e in una foresta dei resti del dissidente saudita, dopo una ispezione di nove ore nel consolato e nella residenza del console da parte degli inquirenti turchi. E giungono importanti aggiornamenti, come riportato dall’Ansa: “Abbiamo alcune informazioni e prove, condivideremo con tutto il mondo i risultati dell’indagine”, le parole del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Non sono state fornite ulteriori informazioni sulla tempistica della fine dell’inchiesta, ma non è da escludere che la sua conclusione sia prossima: la vicenda ha avuto una ribalta internazionale, con i 15 componenti del commando di sicari che sono stati individuati. Molti di loro, sottolinea La Stampa, fanno parte dell’entourage di Mohammed bin Salman. Una delle figure chiave, inoltre, è il tenente dell’aviazione saudita Meshal Saad Albostani, deceduto in uno strano incidente stradale al ritorno a Riad. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
SAUDITI CERCANO CAPRO ESPIATORIO
Si continuano a cercare i resti del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Le forze dell’ordine turche lo stanno cercando a tappeto dopo che lo stesso è entrato nel consolato saudita di Istanbul senza più uscirne. In parallelo, proseguono le indagini per scoprire l’assassino del giornalista del Washington Post, e il cerchio si starebbe stringendo attorno all’Arabia Saudita, che probabilmente ha ben pensato di “far fuori” un personaggio scomodo come appunto Khashoggi. Stando alle ultime indiscrezioni circolanti sembra che anche gli stessi sauditi siano pronti ad ammettere le responsabilità, ma potrebbero farlo indicando il classico capro espiatorio, di modo da sviare l’attenzione sul reale assassino di Khashoggi, o sul suo mandante. Alla fine, stando a quanto sostiene quest’oggi il New York Times, potrebbe pagarla il generale Ahemd al-Assiri, un alto funzionario dell’intelligence molto vicino al principe ereditario Mohammed bin Salman: così facendo, quest’ultimo ne uscirebbe praticamente pulito. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SI CERCANO I RESTI
Proseguono le indagini in merito alla morte di Jamal Khashoggi, il giornalista scomparso dopo essere entrato nel consolato saudita di Istanbul. Gli inquirenti stanno battendo la pista saudita, grazie anche all’audio in mano ai media turchi, che svelerebbe torture indicibili subite dallo stesso giornalista del Washington Post all’interno dell’edificio: Khashoggi sarebbe stato fatto a pezzi quando ancora in vita, poi il suo corpo sezionato e trasportato in una valigia. Come scrive La Stampa, le forze dell’ordine stanno cercando i resti di Khashoggi nei dintorni di Yalova, cittadina sul Mar Marmara. Ad ucciderlo sarebbe stato un commando saudita, che dopo aver svolto il proprio lavoro, ha fatto sparire il corpo.
“KHASHOGGI E’ PROBABILMENTE MORTO”
Stando a quanto affermano gli investigatori, sarebbero 15 gli agenti responsabili dell’assassinio (di cui uno già morto in circostanze sospette), fra cui molti uomini di Mohammed bin Salman, membro della famiglia reale, principe ereditario e ministro della difesa. Sulla questione è intervenuto ieri il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha spiegato che “Khashoggi è probabilmente morto”, per poi aggiungere “È una brutta storia e le conseguenze saranno severe”. Tutti puntano il dito contro i sauditi, e la Davos nel deserto, evento dei big della finanza mondiale che si tiene in queste ore a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, è stato disertato dalle principali nazioni dell’occidente.