Sembrerebbe che nessuno davvero creda all’ultima versione fornita dall’Arabia Saudita sulla morte di Jamal Khashoggi: del resto non si riescono a contare ormai nel giro di pochi giorni tutte le parziali ammissioni/versioni del Governo di Riad, pure dopo la visita “distensiva” dell’alleato americano Mike Pompeo. Oggi a parlare è ancora Trump che in maniera interlocutoria arriva comunque ad accusare i funzionari del Re Salman: «Ovviamente c’è stato un inganno e ci sono state bugie nelle spiegazioni dell’Arabia Saudita sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi. Tuttavia Riyad è un alleato incredibile degli Stati Uniti e non è detto che il principe ereditario Mohammed bin Salman abbia ordinato l’omicidio», rivela il presidente Usa in una intervista telefonica al Washington Post. Non solo, oltre allo scoop sul tycoon, il WP pubblica oggi l’ultima audio intervista che Khashoggi ebbe con l’opinionista del Medio Oriente, nonché collega, Jason Rezaian: «Jamal e io abbiamo scritto da opposte, ma ugualmente travagliate, sponde del Golfo Persico per la sezione Global Opinions del Washington Post: Jamal si è concentrato sull’Arabia Saudita e io sull’Iran. L’estate scorsa,ci siamo incontrati con l’editorialista Karen Attiah per una conversazione ad ampio raggio sul Medio Oriente, Arabia Saudita e il principe ereditario Mohammed bin Salman».
L’AMMISSIONE DELL’ARABIA SAUDITA NON CONVINCE
Jamal Khashoggi, è arrivata l’ammissione dell’Arabia Saudita: “È stato ucciso”, il giornalista sarebbe morto nel corso di una colluttazione nel consolato di Istanbul. Negli ultimi giorni si è parlato molto della fine del dissidente, con tanto di scesa in campo degli Stati Uniti d’America: suo maggiore alleato, Donald Trump ha minacciato sanzioni senza la verità sulla vicenda. Un funzionario saudita interpellato dal New York Times ha rivelato che Kashohoggi “ha tentato di fuggire dal Consolato, ma lo hanno fermato e preso a pugni: il giornalista ha iniziato a urlare e uno dei presenti lo ha preso per il collo, strangolandolo fino alla morte”. La stessa fonte poi evidenzia che “c’è un ordine generale del Regno” per fare rientrare i dissidenti che vivono all’estero: sono quindici i dipendenti interrogati dalla procura di Istanbul, con le ricerche del corpo dell’uomo che stanno continuando.
TURCHIA: “RIVELEREMO TUTTO”
Pochi minuti fa è giunto un nuovo aggiornamento dalla Turchia, con il portavoce del presidente Recep Tayyp Erdogan che ha annunciato di essere “determinato a rivelare i dettagli sulla morte di Jamal Khashoggi”. Il numero uno di Istanbul aveva già espresso l’intenzione di voler condividere le informazioni con la comunità internazionale e Omar Celik, intervenuto ai microfoni dell’agenzia di stampa Anadolu, ha confermato le indiscrezioni nella prima reazione ufficiale del paese turco dopo gli annunci di Ryad sulla morte del giornalista. Come precisato successivamente, la Turchia “non accuserà nessuno prima della fine delle indagini”, ma ha anche evidenziato “che non vuole che sia nascosta nessuna cosa” sul tragico caso. Attese dunque novità a stretto giro di posta, con la mobilità internazionale che sta producendo i primi effetti.