Se il Medioriente, come abbiamo visto, si rivela un ambito assai complesso, nel quale numerosi attori interagiscono in modo articolato e non sempre chiaramente individuabile, il Nord Africa, se possibile, si presenta come una regione ancora più caotica.
Le migrazioni – Le forti influenze che l’area subsahariana esercita su tutto il Nord Africa rendono la situazione, in un contesto di per sé già molto fragile, assai complicata. Tra i mille problemi che queste influenze pongono, emerge con grande evidenza quello delle migrazioni verso l’Europa.
Parlando di Siria ed Iraq, abbiamo esaminato il tema dei rifugiati che fuggono da situazioni di gravi conflitti, ma che, per la gran parte, stazionano ai margini del loro Paesi nell’attesa di rientrarvi, una volta terminato il conflitto. In questi casi la soluzione sta nella fine delle guerre e nella stabilizzazione politica e istituzionale di quelle tormentate nazioni.
Le migrazioni dall’Africa all’Europa rientrano in una categoria diversa e legata a fenomeni strutturali – non a caso si parla convenzionalmente di “migranti economici”. Il fatto migratorio, infatti, costituisce oggi un dato universale, in un mondo sempre più organizzato a rete. Alla quotidiana mobilità di uomini e merci, corrispondono spostamenti strutturali di persone da una parte all’altra del pianeta. Si stima oggi che vi siano nel mondo oltre 260 milioni di persone che hanno lasciato la loro terra per insediarsi altrove.
Le rotte mediterranee – Le migrazioni attraverso la rotta centro mediterranea, anche se costituiscono solo una piccola frazione di questi enormi movimenti, hanno ormai assunto, nell’immaginario collettivo italiano ed europeo, una valenza fondamentale che influenza quotidianamente il senso di sicurezza delle nostre società e, di conseguenza, anche il dibattito politico. Il fenomeno migratorio viene percepito in termini fortemente negativi dal largo pubblico, che lo considera ormai come una vera invasione. Su questo tema sono nati e stanno prosperando in tutta Europa partiti populisti e xenofobi che, in nome del rifiuto ad accogliere i migranti, o dietro slogan del tipo “prima gli Italiani” cercano di raccogliere una manciata di voti in più, speculando sulle disgrazie di centinaia di migliaia di persone.
Non che il problema vada sottovalutato, ma certamente in questo dibattito, spesso solo strumentale, pochi cercano di andare alle reali cause per poter individuare soluzioni efficaci. Soluzioni che, comunque, non potranno certamente essere trovate nel breve periodo, essendo causate, appunto, da fenomeni strutturali. La pressione demografica e le situazioni di povertà estrema che caratterizzano l’area a sud del Sahara, dove vi sono nazioni che raddoppiano la propria popolazione ogni vent’anni, insieme a sanguinosi conflitti locali, guerre civili e violenze tribali, inducono masse di disperati a cercare rifugio nella ricca Europa.
Come cambiano le migrazioni – Anche queste migrazioni sono diventate, a modo loro, competitive: servono sempre più soldi e la “concorrenza” è molto forte. Perciò oggi, molto spesso, intere tribù o gruppi familiari scelgono il membro più forte e resistente, in genere un giovane maschio, e investono su di lui tutte le proprie risorse per mandarlo in Europa, con il compito, prima o poi, di portare là anche il resto del clan. Queste persone sono disposte ad affrontare qualsiasi rischio, pur di raggiungere il risultato, e non si fermano neppure di fronte alla ipotesi di una morte in mare. Si assiste, perciò, al modificarsi progressivo del mix dei migranti, che oggi sono costituiti per la maggior parte da giovani uomini, che creano evidentemente ulteriori problemi di integrazione rispetto a una situazione nella quale interi gruppi familiari, comprese donne e bambini, arrivavano sulle coste del sud Europa.
Il traffico di esseri umani – L’analisi delle cause è fondamentale per individuare soluzioni adeguate, ma non basta a comprendere fino in fondo il fenomeno che sta accadendo oggi. Non si spiegherebbero, infatti, alcuni dati come quello che nei primi sei mesi del 2017 un numero molto alto di migranti è arrivato in Italia dal Bangladesh. Questo fatto si comprende solo considerando che ormai il traffico di esseri umani è diventato un vero business, gestito da delinquenti senza scrupoli, che hanno organizzato autentiche agenzie di viaggi della disperazione, con tanto di tariffe e “pacchetti di servizi”.
Certo non ha giovato il fatto di aver avvicinato le linee di salvataggio alle coste libiche, in quanto questo ha permesso ai trafficanti di ridurre costi e rischi, e di conseguenza di diminuire il prezzo richiesto ai migranti, incrementando così la richiesta in termini di numeri. Le recenti ipotesi di connivenza tra alcune ONG e la rete dei trafficanti di esseri umani portano ulteriori preoccupazioni. Il fatto che le rotte migratorie passino oggi sostanzialmente attraverso la Libia, a causa della permeabilità di un Paese privo di un reale controllo statuale, rende il traffico più “gestibile” (l’hub dei trafficanti è a Sabratha).
Stabilità politica e istituzionale – La stabilizzazione politica e istituzionale dei Paesi del Nord Africa costituisce, quindi, il primo obiettivo per controllare i flussi: da questo punto di vista è interessante l’esempio della Tunisia, attraverso la quale, dopo l’insediamento di un parlamento e di un governo democraticamente eletti dal popolo, i flussi migratori sono praticamente cessati. Analogamente, il Marocco, che mette in atto un ferreo controllo sul proprio territorio, ha potuto realizzare accordi con la Spagna che hanno limitato a un minimo fisiologico il passaggio di migranti
Il problema e quindi assai complesso e certamente passa anzitutto attraverso la stabilizzazione della Libia. Ma non possiamo illuderci che anche una volta sigillati i confini sud della Libia e dotato il paese di un governo efficace, il problema dell’immigrazione in Europa sarà risolto. I disperati che fuggono dalla fame e dalle guerre locali, pur di non morire nel proprio paese, sono disposti a qualsiasi tipo di rischio, e quindi le rotte migratorie troveranno sicuramente altri percorsi. Non è un caso, infatti, che nelle ultime settimane, a fronte di un forte calo degli arrivi dalla Libia in conseguenza di misure prese di comune accordo tra l’Italia e la guardia costiera locale, sia ripreso ad aumentare in modo rilevante il flusso dei migranti verso il sud della Spagna, che si era in precedenza ridotto praticamente a zero.
Le prospettive – Frasi del tipo “aiutiamoli a casa loro”, sono certamente vere ma, se ridotte a slogan, servono solo a metterci a posto la coscienza senza indicare una vera via di soluzione. In questo senso invece, l’unica vera azione di medio e lungo periodo che possa risolvere il problema è lavorare realmente per lo sviluppo dell’Africa. Il nostro Paese ha proposto alle istituzioni europee il cosiddetto migration compact, un pacchetto integrato di misure per favorire lo sviluppo dell’enorme continente indiano che, secondo le proiezioni, al 2050 ospiterà 2 miliardi di esseri umani.
Si tratta di un lavoro molto complesso e difficile, che deve impegnare in primis l’Europa e i Paesi occidentali, attraverso la creazione di rapporti istituzionali, economici e commerciali corretti, che abbiano come scopo lo sviluppo delle economie locali. Un utilizzo serio, sinergico e controllato degli ingenti fondi per la cooperazione internazionale messi a disposizione dalla UE e dei paesi europei (oltre 50 miliardi di euro all’anno) e da molti altri paesi e istituzioni nel mondo, ha un ruolo fondamentale. Questi fondi sono, oggi, spesso utilizzati in modo inefficace o drenati da fenomeni di corruzione nei paesi destinatari degli aiuti. La comunità internazionale ha una grande responsabilità nell’utilizzo appropriato di queste risorse, concentrandole soprattutto sui progetti di capacity building, cioè mirati a costruire in loco la capacità di creare condizioni di sviluppo, sia a livello economico che istituzionale.
Occorre anche spingere tutto il mondo imprenditoriale che trae vantaggi dai propri business in Africa a reinvestire parte dei proventi per lo sviluppo locale. Inoltre vanno assolutamente evitate forme di neocolonialismo come quella, che, attraverso la realizzazione di infrastrutture, soprattutto nei paesi più poveri, ha consentito alla Cina di impadronirsi di enormi porzioni del territorio africano, di concessioni minerarie e petrolifere e del controllo di porti e infrastrutture strategici.
Come dice papa Francesco, tutti parlano del diritto dei migranti di essere accolti in Europa, nessuno parla del loro diritto di poter restare nel proprio paese. Diritto che può essere loro garantito solo con la creazione di condizioni di vivibilità nelle terre di un continente che, ricchissimo di risorse, è tuttavia sempre stato oggetto di sfruttamento da parte dei paesi più evoluti. Si tratta ora di restituire all’Africa quanto le è stato tolto in passato.