Riprende il diario di Tarek Yehya, un comune cittadino che vive a Il Cairo e che, nonostante l’isolamento internet e le difficoltà di comunicazione riesce a farci pervenire le sue impressioni, e a farci vivere, dal suo personalissimo punto di vista, questi giorni drammatici per l’Egitto.

Centinaia di migliaia di manifestanti si sono riuniti pacificamente in piazza Tahrir, riempiendo l’area e le vie circostanti dalle prime ore del pomeriggio sotto gli occhi dei militari, che non hanno impedito le manifestazioni. Tutti chiedono le dimissioni del presidente, che tuttavia ha risposto nominando nuovi ministri e non soddisfacendo le richieste della piazza che chiede all’unisono le sue dimissioni. Si ha notizia di manifestazioni in tutte le principali città egiziane. Si stima che al Cairo, Suez, Alessandria, Tanta e nel Sinai oltre due milioni di persone abbiano partecipato a questa giornata storica. Il vasto riscontro e la natura non violenta della protesta sono una novità per tutto il Medio Oriente, che prima d’ora non aveva vissuto esperienze analoghe, paragonabili in parte solo alle manifestazioni di piazza seguite all’attentato di Rafiq al-Hariri a Beirut.



E’ una piazza del tutto eterogenea, dove si sono trovati egiziani di ogni estrazione sociale: studenti, universitari, giornalisti, magistrati, lavoratori, musulmani e cristiani. La portata storica della giornata odierna si riscontra anche nelle parole dei manifestanti, loro stessi stupiti dalla dimensione che ha assunto la protesta e dal coraggio della gente di rompere pacificamente il coprifuoco. In questo senso i militari stessi hanno annunciato che non saranno prese misure contro chi sarà sorpreso a violare il coprifuoco. La sensazione è che la piazza non si accontenti semplicemente di cacciare il rais, ma desideri, magari senza piena coscienza, intraprendere un percorso che possa portare a libertà finora impensabili in Egitto e a una reale svolta democratica.



Gli scenari futuri (un reggente di transizione come Omar Suleiman nominato sabato vicepresidente, oppure Mohammed El Baradei supportato dai Fratelli musulmani) non sono per ora considerati una priorità. Per i pochi stranieri rimasti in città è emozionante partecipare a questo processo: l’accelerazione della storia. Mi ha colpito F., una giovane studentessa straniera da poco arrivata al Cairo, che ha scelto di restare nonostante la situazione di isolamento e insicurezza: «Frequento Scienze Politiche, fin dai primi giorni è stato appassionante vivere di persona quello che ho studiato per cinque anni: questa rivoluzione partita dal basso, il dialogo della piazza instaurato tra popolo e Stato, in tutta la loro drammaticità, sono state l’esplicitarsi di concetti che finora avevo affrontato solo teoricamente. Seguire passo passo questo processo è affascinante. Gli spari la notte, il coprifuoco, fare la coda ai supermercati per il pane e l’acqua, l’assenza di Internet, le ronde notturne, le telefonate di amici e parenti giustamente preoccupati per quello che sta accadendo, sono difficoltà oggettive che non auguro a nessuno. Ma l’entusiasmo per un popolo che inizio a conoscere di più, e poter assistere alla presa di coraggio e vedere la tenacia con cui questo sta lottando mi hanno conquistata e convinta a restare. Non vedo l’ora di festeggiare in piazza con loro». Annunciate per domani nuove manifestazioni in tutto l’Egitto, il braccio di ferro con Mubarak continua.



 

(Tarek Yehya)