In perfetto stile neo-ottomano, il presidente della Turchia, Recep Erdogan, ha accolto la visita del Pontefice romano. Preparata con minuzia e sapienza dai padri gesuiti di Civiltà Cattolica, la visita di Bergoglio in Turchia è stata drammatica. Non dimenticando che nel 1916 due diplomatici europei, il francese Picot e il britannico Sykes, spartirono tra loro le spoglie dell’Impero, e che pochi anni dopo, nel 1924, il padre della Turchia, Kemal Ataturk, con molte influenze massoniche ateistiche francesi dichiarò la fine del Califfato – lo stato del sommo monarca dell’islamismo, che risale al tempo della morte di Maometto, nell’anno 632 d.C. – il nuovo imperatore neo-bizantino della Turchia moderna ha dato una lezione al Papa di Roma. Tanto forte è stato il messaggio che Bergoglio ha scelto di “inchinarsi” davanti a Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, di rito Ortodosso. Più che la preghiera congiunta con i capi religiosi sunniti della Moschea Blu, è questa l’immagine simbolica della visita di Bergoglio in Turchia.
Sul piano geopolitico, il messaggio è che la divisione dei cristiani, voluta nell’antichità da Roma e nei tempi contemporanei provocata dagli Usa, è un danno certo a tutta la cristianità. “Uniamoci, anche con i musulmani” ha gridato di dolore il Papa romano. Più che una reale riconciliazione ecumenica tra i cristiani, il Papa ha in mente l’asse cristiano, con la partecipazione dei musulmani “buoni”, contro gli “infedeli” del nuovo Califfato (che sono una minaccia all’ordine costituito negli ultimi 10 secoli di storia europea). Un approccio talmente disastroso che Erdogan ha tenuto un discorso durissimo, quasi irrispettoso, chiarendo quale sia il gioco politico e diplomatico della Turchia: disfarsi dei fantocci franco-britannici nella regione, cioè gli apostati come Assad (alias Francia) e i Saud (alias Britannia). Nessuna concessione a Roma! A questi preferisce gli ignoranti americani e, per opportunismo, i russi e finanche gli iraniani.
Non è un caso che, partito Bergoglio, Putin abbia fatto sapere che la sua Gazprom è pronta a raddoppiare il gasdotto “Blue Stream” nel Mar Nero per fornire energia all’Europa del Sud via Turchia (che non dispone di fonti energetiche). Quanto al precedente gasdotto elaborato con l’italiana Eni, South Stream, la Russia fa sapere che ha già predisposto altri mercati per quel gas. Altro che le ciance del gasdotto americano-renziano Tap che porterebbe il gas azero in Puglia! Senza Putin, l’Azerbaijan è in difficoltà da prestazione. Il Nagorno-Karabakh ce lo ricorda tutti i giorni. Per questo, qualche solerte stratega americano ha paventato un “cambio di regime” per “liberare” il Paese dalle relazioni con la Russia. Ma questo, dopo il nonsenso diplomatico dei negoziati sul nucleare iraniano non funzionerà. Quei negoziati sono falliti perché la sponda globalizzazionista-atlantista iraniana non ce l’ha fatta e perché la sponda americana pro-Iran – e quindi resistente a Israele e Arabia Saudita -non ha retto alle elezioni di midterm.
La logica, che può sembrare un azzardo perverso della Turchia, è usare le stesse misure americane – creazione gestita del caos – per poi presentarsi come l’unico interlocutore “occidentale” capace di rimettere in ordine la regione. Una superfetazione, neo-bizantina! Ma questo è possibile proprio per l’assenza geopolitica dell’Europa che, tranne il Pontefice, non esiste nell’intero Grande Medio Oriente di americana concezione. Il rischio è che si creino due cordate di potere eccezionali: la prima, tra Israele e Arabia Saudita – vero obiettivo strategico dell’Isis – che compatti l’area occidentale del Medio Oriente, e l’altra turco-iraniana-russa che compatti l’area orientale. La Guerra Fredda oltre che in Europa – dal Baltico alla Romania, via Ucraina – si allungherebbe in Siria e nel Golfo. La questione del nucleare iraniano è un bluff!
Questa nuova “linea Maginot” renderebbe difficile la continuazione della globalizzazione americana iniziata nei primi anni 90. Forse è proprio questo il vero motivo strategico che perseguono gli atlantisti devoti del dollaro: salvare i petrodollari che è possibile per salvare l’Occidente. E che l’Ue vada a farsi friggere!
Mentre questo avviene, e mentre ciò promette a breve uno choc peggiore del 1973, l’Europa è addormentata nelle sciocchezze didascaliche di Pittella/Schulz e in quelle etiliche di Juncker. Forse si deve riconoscere, nostro malgrado, che il pragmatismo realista polacco, rappresentato dal neo presidente dell’Ue Donald Tusk è più utile quando egli dichiara che “dobbiamo salvare la nostra civiltà”.
L’Italia potrebbe fare qualcosa di molto importante. Ma con un signor “gelatino degli annunci sciolti” e un amabile signorotto con la feluca e un vecchietto in via di estinzione al Colle, non ci sono al governo le persone adatte a questo compito.