In Siria la situazione generale va migliorando e lentamente avviene il disgelo con i paesi vicini. In questo senso è significativa la riapertura del valico di Nassib con la Giordania, mentre è imminente la riapertura del valico di frontiera con Israele a Quneitra. Lo stesso presidente Assad nel corso di un’intervista al quotidiano kuwaitiano Al-Shahed, ha rivelato che il governo siriano sta riallacciando le relazioni diplomatiche con molti paesi arabi dell’area.



E’ chiaro che mentre va avanti la normalizzazione dei rapporti con i paesi vicini, altrettanto importante è la messa in sicurezza dell’ultima enclave ribelle (nella provincia di Idlib), secondo la road map stabilita a settembre a Sochi tra Russia e Turchia.

In tal senso, per i negoziatori turchi persuadere le varie milizie islamiste radicali (di varia gradazione) affinché accettassero le condizioni che Erdogan stesso aveva sottoscritto non è stato facile. Tuttavia, la Turchia ha potuto esercitare tutto il suo “ascendente” su questi gruppi, in quanto è stata la Turchia ad averli supportati dall’inizio del conflitto siriano. Decisiva è stata la decisione presa da Ankara di riunire tutte le 12 fazioni controllate in un’unica coalizione unificata che ha preso il nome di “Fronte di liberazione nazionale” (Fln). 



L’operazione alla fine è stata un successo: la nuova entità amministra attualmente circa il 40 per cento della provincia di Idlib ed è saldamente controllata dalla regia turca. Come era prevedibile, la creazione di un organismo più strutturato e disciplinato ha consentito alla Turchia di trovare una soluzione alternativa per Idlib che soddisfacesse l’esigenza di evitare una guerra urbana devastante e insieme, ha soddisfatto la propria ambizione di mantenere la propria influenza in Siria.

Dopo questo primo passo di ristrutturazione interna delle milizie filo-turche, Ankara è passata alla fase operativa successiva: la realizzazione della “buffer zone” di 20 km dalle linee occupate dall’esercito siriano. L’inizio dell’operazione di ritiro delle milizie del Fln è stato annunciato sabato tramite l’agenzia Reuters dal capitano Naji Mustafa (portavoce del Fln), il quale ha precisato che ci vorranno solo alcuni giorni prima che sia completata.



Ma se non è stato difficile trovare un’intesa con chi da tempo è embed all’esercito turco, ciò che invece rimane incerto è il ritiro del gruppo qaedista Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) che attualmente controlla circa il 60 per cento della provincia di Idlib ( che non di rado ingaggia veri e propri conflitti armati con l’Fln). 

Tuttavia, nonostante la situazione sia problematica, anche in questo caso si registrano parziali successi: lo stesso giorno, il  quotidiano siriano Al-Watan ha riportato che che Abu Mohammad al-Julani (leader di Hts), ha deciso di accettare il piano russo-turco. Il risultato sarebbe stato ottenuto a seguito di incontri intervenuti tra Hts, altri capi di milizie affiliate operanti in Idlib e funzionari turchi dei servizi segreti (Mit). 

Sono noti anche alcuni dettagli preliminari: il processo di auto-scioglimento dei gruppi terroristici richiederà circa tre mesi e avverrà in più fasi; nel primo stadio, è previsto il ritiro dei veicoli blindati pesanti di Hts dalla “zona cuscinetto”; successivamente, l’amministrazione civile nominata dai militanti che controllano i territori sotto Hts sarà sciolta. Infine, il territorio passerà sotto il controllo dell’esercito turco e della polizia militare russa, che pattuglierà la zona smilitarizzata.

Esiste però un punto controverso: Al Watan afferma che i qaedisti hanno posto come condizione che il piano sia attuato con “garanzie di sicurezza”, ovvero che vengano garantite ai propri membri — sia siriani che stranieri — “condizioni accettabili” da parte dei paesi da cui provengono e “da parte dei paesi attivi in Siria tra cui la Russia”. 

A complicare ulteriormente le cose — ancor prima che la coalizione Hts rilasci una dichiarazione formale che dettagli la propria posizione sull’accordo e l’impegno che disarmerà — i membri anziani del gruppo hanno inviato segnali di sfida tramite il sistema di messaggistica Telegram, manifestando chiaramente l’intenzione di proseguire a combattere.

Stando a queste divisioni interne è plausibile che la campagna di omicidi mirati (in corso da tempo) dei leader più intransigenti proseguirà. Inoltre permane il problema dei militanti stranieri nei confronti dei quali le condizioni sono state ribadite dal capo del ministero degli Esteri siriano Walid Muallem in una intervista al giornale Al Mayadeen. Egli ha specificato che “i militanti che vivono a Idlib possono rimanere lì dopo il disarmo e sistemare il loro status nelle forze dell’ordine concludendo un accordo sulla riconciliazione” ma che invece per gli stranieri c’è solo una via di uscita: “Senza eccezione, tutti i mercenari devono essere deportati attraverso la Turchia per gli stati da cui sono venuti in Siria”. Ciò confligge esattamente con le garanzie di sicurezza preliminari richieste dal leader di al Qaeda.