A commentare l’uccisione violenta del giovane missionario, vittima degli indigeni indiani, è stata anche la ong Survival International che si occupa dei diritti di popoli indigeni. Come spiega Corriere.it, la ong si è detta vicina alla famiglia della vittima, che a sua volta ha già perdonato gli indigeni per l’uccisione del proprio caro. Al tempo stesso però, ha sottolineato come lo Stato indiano non abbia protetto la zona sufficientemente. “Questa tragedia non sarebbe mai dovuta accadere”, ha tuonato la Ong. A sua detta, “Le autorità indiane avrebbero dovuto far rispettare l’ordine di protezione sui Sentinelesi e sulla loro isola, per garantire la sicurezza sia della tribù, sia degli esterni. Invece, qualche mese fa le autorità hanno revocato una delle restrizioni che proteggevano l’isola dai turisti stranieri”. Agendo in tal modo, invece, è stato mandato un messaggio errato che potrebbe aver contribuito a causare l’uccisione del missionario americano. “Non si può escludere che i Sentinelesi siano ora stati infettati da alcuni patogeni mortali verso cui non hanno difese immunitarie e che potrebbero uccidere l’intera tribù”, ha aggiunto Survival International. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
PERCHÉ IL RECUPERO DEL CORPO È UN REBUS
Un missionario statunitense è stato ucciso forse da una pioggia di frecce da una tribù che popola un’isola dell’arcipelago indiano delle Andamane. Voleva convertire gli indigeni al cristianesimo, ma quando John Allen Chau è sbarcato illegalmente sulla remota isola di North Sentinel, nell’Oceano Indiano, è stato attaccato. Allora è tornato sulla barca di pescatori che l’aveva portato al largo dell’isola per trascorrere la notte e scrivere il suo diario. Il giorno dopo ha fatto un nuovo tentativo ma non è più tornato. Il recupero del suo corpo è ora per la polizia indiana un rebus per il quale ha già consultato esperti sul campo, antropologi ed esperti forestali e tribali. «Dobbiamo fare i modo di non disturbare loro o il loro habitat in nessun modo. È un’area estremamente sensibile e ci vorrà del tempo», ha dichiarato il capo della polizia locale Dependra Pathak. Un elicottero e una nave sono in zona per determinare l’esatto luogo dell’incidente, ma mantenendosi a distanza dall’isola, mentre la polizia sta cercando di capire con gli esperti come gestire il recupero. (agg. di Silvana Palazzo)
FAMIGLIA PERDONA LA TRIBÙ
Far conoscere il cristianesimo agli indigeni era il suo vero obiettivo, ma il 27enne John Allen Chau, giovane missionario americano, non sapeva che ciò lo avrebbe pagato con la sua stessa vita. Il ragazzo è riuscito ad arrivare nell’isola indiana nonostante la legge lo vieti ma poco dopo è rimasto ucciso da una pioggia di frecce scagliate contro di lui proprio dalla tribù. Come spiega Corriere.it, dopo l’iniziale incredulità anche i familiari si sono espressi sulla disavventura dell’uomo e con una dichiarazione via Instagram hanno fatto sapere che John Allen Chau “amava Dio, la vita, aiutando chi era nel bisogno e non aveva nient’altro che amore per il popolo Sentinelese”. Per questo avrebbero perdonato chi lo ha ucciso. Per il recupero del corpo, secondo quanto riferito dalle autorità indiane, ci vorranno ancora dei giorni poichè l’avvicinamento all’isola sembra sempre più difficile. Il contatto con la tribù, infatti, è severamente vietato dallo stesso governo indiano. La reazione dei membri della tribù è nota da tempo nei confronti degli intrusi, i quali sono spesso stati uccisi nel loro tentativo di avvicinarsi alla terraferma. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LA MADRE: “CREDO SIA ANCORA VIVO”
Ha gridato agli indigeni “Gesù vi ama”, ed è stato trapassato da una selva di frecce: così è morto il missionario americano 27enne, John Allen Chu, la cui vicenda sta facendo il giro del web in queste ore. Il suo obiettivo era quello di portare la parola di Dio sull’isola di North Sentinel, in India, pur sapendo i rischi che correva. Quella zona del mondo è abitata da un’antichissima tribù che non accoglie in maniera benevola i visitatori, e di conseguenza, c’è l’obbligo di starle almeno a 3 chilometri di distanza. Una regola non rispettata da Chau che nei giorni prima della sua morte annotava tutto sul suo diario: «Potete credere che io sia pazzo – scriveva, come riporta TgCom24.it – ma penso che valga la pena di annunciare Gesù a questa gente». E ancora «Per favore non arrabbiatevi con loro o con Dio se vengo ucciso», «Non vedo l’ora di incontrarli attorno al trono di Dio venerandolo nella loro lingua come scrive l’Apocalisse 7:9-10». Sulla vicenda si è espressa anche la madre della vittima, citata dal Washington Post: «Credo che sia ancora vivo, ne sono convinta per le mie preghiere». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
27ENNE MISSIONARIO AMMAZZATO DAGLI INDIGENI
Triste fine quella del 27enne americano John Allen Chu, ucciso in India da una tribù di indigeni. Stando alle ultime indiscrezioni riportate dall’agenzia Reuters, la polizia locale (siamo in India) ha arrestato sette persone perché sospettati di aver aiutato Mr Chu a raggiungere la North Sentinel Island, un’isola dove vive una tribù, vietata perchè protetta e per via della sua pericolosità. Al momento è in corso un’indagine per cercare di fare chiarezza su questo tragico accaduto, e la morte del 27enne missionario dovrebbe risalire alla giornata di sabato, anche se sono ancora molti i lati oscuri di tale vicenda. Pare infatti che il corpo non sia stato ancora recuperato, e di conseguenza identificato. Discordanze anche sul motivo della visita sull’isola “proibita” di Chu: secondo alcune fonti si trattava di un emissario del cristianesimo, mentre per altre, di un semplice esploratore. Shiv Visvanathan, scienziato e professore alla Jindal Global Law School, parla così della North Sentinel Island: «L’esatta popolazione della tribù non è nota, ma sta diminuendo. Il governo deve proteggerli». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
27ENNE MISSIONARIO UCCISO DAGLI INDIGENI
Sta facendo il giro del mondo la storia di John Allen Chau, il 27enne missionario cristiano ucciso dai membri dalla tribù indiana dei sentinelesi, nota per vivere isolata rispetto alla civiltà e per avere un atteggiamento aggressivo nei confronti dei visitatori. Come riportato da Il Post, ad esprimersi sulla vicenda del missionario, che aveva intenzione di raggiungere l’isola dove vive la tribù per predicare il cristianesimo, è stato il giornalista locale Subir Bhaumik, che alla BBC ha detto:”E’ un caso difficile, perché non puoi arrestare i sentinelesi”. Per il momento è stata aperta un’indagine per omicidio a carico di “membri ignoti della tribù” ma le difficoltà di gestione del caso sono facilmente comprensibili analizzando i rapporti che il governo indiano intrattiene con la tribù. Nuova Delhi, scrive Il Post, mantiene infatti una politica di non intervento sull’isola, avvicinandosi periodicamente solo per controllare da lontano gli abitanti, anche per non metterne a repentaglio la sopravvivenza infettandoli con malattie alle quali non sono abituati. (agg. di Dario D’Angelo)
TRAFITTO DA PIOGGIA DI FRECCE DEGLI INDIGENI: MUORE MISSIONARIO
Sarebbe stato raggiunto da una vera e propria pioggia di frecce, John Allen Chu, giovane missionario intenzionato a convertire una tribù indigena indiana. Con questo intento ha raggiunto i membri della popolazione isolata, accompagnato da alcuni pescatori ma appena approdato non ha avuto il tempo di reagire, colpito da una pioggia di frecce. A quel punto, gli indigeni – come rivela Il Messaggero – lo hanno acchiappato al collo con una corda e trasportato sulla spiaggia dove è stato sepolto nella sabbia. Il suo corpo non sarebbe ancora stato recuperato. A permettere di ricostruire il triste accaduto sono stati sette pescatori, gli stessi che avevano accettato di portare il missionario fino alla tribù indigena. A poche centinaia di metri dalla riva, l’uomo avrebbe proseguito da solo con una canoa mentre loro erano rimasti a guardare, fino al drammatico e mortale assalto da parte della tribù indigena. I sette sarebbero intanto finiti in carcere con l’accusa di aver violato la legge che protegge l’isola e la tribù poco disponibile ad avere contatti con altre persone, considerate “intruse”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
MISSIONARIO AMERICANO UCCISO DA UNA TRIBÙ DI INDIGENI
Un uomo americano di 27 anni è stato ucciso dai membri di una tribù isolata su un’isola in India. Drammatico destino, quello capitato al giovane statunitense il quale, come racconta Il Post online, aveva raggiunto il posto noto per la pericolosità degli indigeni nei confronti dei visitatori, accompagnato da alcuni pescatori. Un’isola abitata da una tribù del tutto lontana rispetto al resto della civiltà nell’arcipelago delle Andamane e Nicobare, nel golfo del Bengala. Nonostante fosse stato messo al corrente del rischio a cui andava incontro, il 27enne John Allen Chau, un predicatore originario dell’Alabama, ha deciso di sfidare il pericolo e recarsi ugualmente presso la popolazione indigena con l’obiettivo primario di predicare il cristianesimo. Stando a quanto emerso da una fonte di polizia e riportato da Reuters, il giovane aveva già tentato in passato di portare a termine la sua “missione”. Secondo quanto ricostruito grazie alla testimonianza di un attivista per i diritti delle popolazioni autoctone locali, l’americano era giunto sull’isola lo scorso sabato, dopo un precedente tentativo fallito.
UCCISO DA TRIBÙ INDIGENA: IL PRECEDENTE NEL 2006
Dopo essere stato accompagnato nei pressi dell’isola indiana da alcuni pescatori, il giovane missionario americano ha raggiunto la spiaggia in kayak ma una volta giunto sarebbe stato colpito da alcune frecce prima di essere legato dagli indigeni e trasportato sull’isola. Il suo corpo, stando a quanto reso noto da Hindustan Times è stato individuato solo lo scorso martedì ma ad oggi non sarebbe ancora stato recuperato. Secondo le stime, sull’isola di North Sentinel abiterebbero tra 50 e 150 persone i quali hanno solo rarissimi contatti con il resto della civiltà, ovvero quando i pescatori portano sull’isola dei visitatori. Azione questa considerata illegale in quanto c’è il grande rischio di infettare le popolazioni indigene con malattie alle quali non sono abituati. Per questo lo scorso anno il governo indiano aveva annunciato pene fino a 3 anni di reclusione per chi avesse portato visitatori sull’isola anche solo a fotografare gli indigeni. La tribù chiamata dei sentinelesi, nel 2006 uccise altre due persone, entrambi pescatori indiani, i quali si avvicinarono troppo alla costa, colpiti dal lancio di frecce.