La maggioranza degli svizzeri hanno deciso di “bocciare” il referendum sovranista e dunque non ci sarà nella Costituzione alcun articolo che fissa la «preminenza del diritto elvetico su quello internazionale». Gli elettori respingono perciò la proposta del partito populista UDC e i risultati sono già ufficiali visto che non è stata raggiunta la necessaria maggioranza dei cantoni (come riporta la stampa svizzera): sarebbe circa il 67% ad aver bocciato nettamente il referendum sull’autodeterminazione, e non solo. Anche l’insolito voto sulla tutela delle corna di mucca non passa il vaglio del quorum: il No viene dato al 54% e neanche in questo secondo quesito le proposte di una fetta di società svizzera vengono tenute in considerazione dalla maggioranza degli elettori. In sostanza, vincono gli allevatori che praticano la mutilazione delle corna per evitare che gli animali si feriscano all’interno delle strette stalle sui monti svizzeri. La proposta del Referendum chiedeva di stanziare fondi per le aziende zootecniche che rinunciano a questa pratica: anche in questo caso la bocciatura è stata netta.



I TRE QUESITI ALLE URNE

Si sa, la Svizzera spesso incuriosisce per i suoi tanti Referendum, alcuni sui tematiche quantomeno “bizzarre: il voto che è in corso oggi tra i cantoni svizzeri affronta tre nodi completamente diversi tra loro con un rischiamo di interesse che va dai pastori svizzeri fino ai vertici di tutti i Paesi Ue, Italia compresa. Come possibile? La popolazione svizzera è chiamata oggi a dirimere tre Referendum diversi: il primo riguarda l’autodeterminazione (chiede in sostanza che la Costituzione di Berna prevalga sui diritti e trattati internazionali): il secondo tratta il “curioso” tema delle corna di mucca (una proposta per poter sostenere tutti coloro che rinunciano a tagliare le corna a bovini e caprini); infine, la richiesta di una nuova legge per combattere gli abusi ai danni delle assicurazioni sociali. Tre temi, tre quesiti e l’intero popolo svizzero chiamato ai seggi fino a questa sera: mentre sul terzo è scontata l’approvazione dei cittadini a quella richiesta di legge considerata assolutamente necessaria e condivisibile, sul secondo Referendum vi è già più discussione. In sostanza, i contadini e pastori svizzeri chiedono di poter mettere a punto pratiche zootecniche alternative alle consuete, ad esempio la rinuncia del taglio delle corna sulle vacche e le capre.



REFERENDUM SVIZZERA, LE POLEMICHE ANCHE IN ITALIA

È però ovviamente il primo Referendum in Svizzera a richiamare maggiore interesse politico per gli altri Paesi europei: l’Unione Democratica di Centro (partito della destra elvetica) ha chiesto con il Referendum “per l’Autodeterminazione” di garantire il primato svizzero sul diritto internazionale, consentendo di fatto il rispetto dei trattati mondiali «solo con riserva». Per i detrattori della destra europea, il voto di oggi si assimila a quello del 2016 “Prima di nostri” approvato dalla popolazione ma bloccato dal Gran Consiglio Federale «perché incompatibile sia con il diritto federale che con l’accordo internazionale sulla libera circolazione». Ebbene, non poche le polemiche dall’Italia sul voto odierno, in particolare dalla Cgil Lombardia che si scaglia contro la proposta di legge considerata “xenofoba”: «L’iniziativa, contraddittoria anche sul piano delle possibili conseguenze giuridiche  e autolesionista rispetto alla reputazione internazionale del Paese, è anche un esplicito attacco ai diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori». Il conseguente abbandono da parte della Svizzera della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e di altre convenzioni internazionali, a seguito del prevalere delle tesi dei promotori svizzeri «lo ricordiamo, privo della Corte Costituzionale a cui poter ricorrere in caso di espliciti profili di incostituzionalità o di vere e proprie violazioni dei diritti fondamentali da parte di leggi emanate dal Parlamento, aprirebbe la strada agli avversari dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e delle libertà sindacali», si legge nella nota pubblica del principale sindacato italiano. Insomma, un voto temuto tanto dall’Italia quanto soprattutto dall’Europa che vede “a rischio” alcuni trattati fondamentali in un Paese neutrale ma strategico come la Svizzera.

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