Le elezioni di Midterm, storicamente, viene deciso ogni primo martedì dopo il primo lunedì di novembre degli anni pari: in quanto alla tempistica sul voto negli Usa domani, i seggi apriranno alle 6-7 in ogni Stato americano (circa le 12-13 qui in Italia) per la costa Est e via via gli ultimi ad aprire i seggi saranno le Isole Hawaii (circa alle 18 qui da noi). La chiusura del voto di Midterm arriverà invece tra le 18 e le 21 locali di ogni singolo stato (non prima dell’una di notte nostra del 7 novembre): a questo punto si dovrà attendere le varie fasi del conteggio e scrutinio dei voti che avviene sì con sistema elettronico ma visto i vari fusi orari non sarà prima delle 4-5 ora italiana la possibilità di scoprire se la Camera è passata o meno ai Democratici. Ricordiamo che in quasi tutti gli Stati per il Senato viene utilizzato il sistema maggioritario semplice per queste Elezioni: ovvero, ogni elettore vota per un candidato e viene eletto colui o colei che ottiene la maggioranza relativa dei voti. Unica eccezione, la Louisiana che invece adotta un metodo uninominale a doppio turno. Per quanto riguarda la Camera invece, i seggi sono ripartiti tra gli Stati in proporzione alla rispettiva popolazione: anche qui però vige il sistema maggioritario semplice come al Senato con l’unica eccezione della solita Louisiana. (agg. di Niccolò Magnani)
ALTA AFFLUENZA AL VOTO ANTICIPATO
Il voto del Midterm è domani ufficialmente, ma già nei giorni scorsi le Elezioni negli Usa sono state “anticipate” dai tanti cittadini che hanno il permesso di poter esprimere la loro scelta prima del 6 novembre: sono ben 37 gli Stati che permettono il voto anticipato anche per posta senza addirittura dover giustificare il motivo per cui non può recarsi nel giorno esatto del Midterm. Ricordiamo che al contrario delle Elezioni Presidenziali, per le Midterm i cittadini scelgono con voto diretto i propri rappresentati alla Camera e al Senato (un terzo solo viene rinnovato, ndr). Le foto sui social fanno vedere le code interminabili a Los Angeles (e non solo) per il consueto “early voting” che precede il voto ufficiale di domani. Sul fronte della campagna elettorale in questo rush finale, si amplifica sempre di più il concetto di “referendum” sul Presidente Trump: lo ha fatto capire Obama, ma non solo, anche l’intero star system culturale (Cinema, Media, network) che invocando il voto contro-pro il tycoon hanno caricato di notevole significato le già importanti Elezioni Midterm.
CONGRESSO, REFERENDUM E GOVERNATORI: TUTTI I VOTI
Non solo Congresso, le Elezioni Midterm negli Usa domani chiameranno al voto il popolo americano su circa 500 (a livello complessivo) appuntamenti elettorali: lo scontro Obama-Trump per la conquista della Camera e del Senato non sono infatti l’unica sfida nazionale delle prossime ore, si rinnovano infatti anche 36 Governatori sui 50 Stati eleggibili. Non solo, sono previsti vari referendum, ben 155 in 37 Stati e la maggior parte riguarda l’assicurazione sanitaria: ad esempio, in California gli elettori voteranno sulla “proposition 8” che vuole bocciare un tetto ai rimborsi per i malati con problemi di dialisi. I temi però sono davvero vari, dal carbone a Washington fino alle spese oculistiche in Oklahoma, per non parlare dei tanti temi etici in ballo: come segnala il Quotidiano.net, «dall’aborto alla liberalizzazione della marijuana fino all’esposizione dei dieci comandamenti nei luoghi pubblici» faranno parte dei tanti referendum in vista per queste Elezioni Midterm “extralarge” negli Stati Uniti. (agg. di Niccolò Magnani)
IL “BIVIO” NEGLI USA
Barack Obama direttamente da Chicago è partito all’attacco di Donald Trump, si scaldano le elezioni Midterm in Usa. L’ex numero uno della Casa Bianca è sceso in campo per contrastare il tycoon e non mancano i botta e risposta. Appena due giorni fa, intervenuto a un evento a Miami, aveva commentato: “Gli Stati Uniti d’America sono a un bivio: la posta in gioco con queste elezioni è altissima e le conseguenze possono essere pericolose per l’intero Paese”. E fino al giorno delle elezioni proseguirà il duello a distanza, una delle campagne elettorali più calde di sempre e che ha visto protagonisti anche eventi extra-politica, uno su tutti i pacchi bomba destinati contro numerose personalità di spicco. Dallo stesso Obama a Bill Clinton, passando per Robert De Niro e George Soros. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
L’EX PRESIDENTE VS IL TYCOON
Il boom dell’economia americana non è merito di Donald Trump. A rivendicare il successo della sua amministrazione, è stato l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, intervenuto a Chicago in occasione della campagna delle elezioni di metà mandato. A sua detta, dunque, la crescita economica del Paese “non è merito di Donald Trump e dei repubblicani”. L’ex presidente Obama ha affrontato anche il delicato tema della crisi dei mutui subprime e, come riporta il sito di SkyTg24, durante il suo discorso per le elezioni di Midterm Usa, ha aggiunto: “Quando sono arrivato alla Casa Bianca ho dovuto risolvere i problemi che ci avevano lasciato”. A suo dire, economica e occupazione negli Stati Uniti hanno cominciato a crescere in modo evidente solo negli ultimi 21 mesi del suo mandato. Da qui le sue parole iniziali nelle quali si prenderebbe il merito del boom, erroneamente attribuito al tycoon Trump.
MIDTERM USA: DUELLO TRA OBAMA E TRUMP
Parlando del boom dell’economia statunitense, Barack Obama facendo campagna a Chicago ha aggiunto: “Dove pensate sia iniziato tutto questo, chi pensate l’abbia fatto?”. L’attenzione si è poi spostata sull’appuntamento elettorale di domani 6 novembre, in occasione del voto di metà mandato, commentando: “è in gioco il carattere del nostro Paese, i suoi valori”. A tal proposito ha ribadito l’importanza delle prossime elezioni di Midterm, definendole di gran lunga più importanti rispetto alle precedenti. E proprio alla vigilia del voto di martedì, i due leader hanno dato vita al rush finale a base di accuse reciproche ed a distanza nel corso dei rispettivi comizi. Se per Obama Trump rappresenta “un bugiardo” che “semina odio e paura”, l’attuale presidente Usa ha definito il suo predecessore uno con “poco seguito”, accusandolo di bugie e mancate promesse.