Nadia Murad, premio Nobel per la Pace 2018, parlando al Doha Forum, in Qatar, ha reso alcune sconvolgenti dichiarazioni che hanno contribuito a riaprire le ferite in riferimento ai drammatici crimini contro l’umanità commessi dall’Isis. Nel mirino non solo il suo popolo, gli yazidi, ma anche la stessa giovane. “Anche mio nipote è stato arruolato nell’Isis a 11 anni“, è la testimonianza choc resa da Nadia Murad e riportata da El Mundo. Al giovane nipote, ha proseguito ancora la giovane, “hanno fatto il lavaggio del cervello: ho provato a parlarci, ma mi ha risposto che se avessi insistito mi avrebbe ucciso”. Nadia, dunque, è stata minacciata direttamente da un membro della sua famiglia, entrato a far parte dello Stato islamico. Sono in migliaia i bambini yazidi rapiti dell’Isis nella regione del Sinjar, nel 2014 e poi portati in Siria, a Raqqa, dove sono stati educati alla jihad e dove molti dei quali oggi ancora combattono nelle ultime sacche del Califfato. Ed è la stessa Premio Nobel a lanciare un’accusa pesantissima asserendo che anche loro che vengono liberati, restano comunque abbandonati nei campi profughi, “non vengono rieducati, è una tragedia”, ha asserito.



NADIA MURAD, NIPOTE NELL’ISIS: GIUSTIZIA PER COMUNITÀ YAZIDA

Nadia Murad è in prima linea nel fornire aiuto a donne e bambini vittime dell’Isis. In Iraq, sono 6500 le vittima della comunità yazida, tutte donne, rapite, violentate e poi vendute all’Isis. La stessa Nadia ha accusato apertamente la comunità internazionale che, a sua detta, non ha fatto nulla per impedire il genocidio “e non ci ha protetto”. La donna ha aggiunto, nel corso del suo intervento riportato da TgCom24: “Abbiamo ricevuto supporto in parole, ma è stato fatto molto poco per le vittime”. In mancanza di una vera giustizia, a sua detta, il male già vissuto si ripeterà. “Forse l’Isis è stato sconfitto in Iraq, ma le violenze e il modo di pensare dell’Isis continuano ad esistere. Bisogna fare di più per combattere questo estremismo”, ha dichiarato la Premi o Nobel per la Pace. Infine, ha puntato il dito contro il governo iracheno: “non ha fatto nulla per la comunità yazida, non ha neanche riconosciuto il genocidio subito. Finora il governo si è occupato di tutto tranne che della comunità yazida”. Il suo appello al governo dell’Iraq è “di fare dei passi per dare fiducia agli yazidi e permettere loro di tornare a casa. Abbiamo bisogno di ricostruzione e giustizia”, ha chiosato.

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